In Fuga. Il ciclismo e la Società di Massa

Un’interpretazione, vista attraverso la lente del ciclismo, del perché un singolo si stacchi dal gruppo in cerca dell’assolo personale. Di Nicola Busca

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Stefano Pirazzi nella sesta tappa del Giro d’Italia di quest’anno. Ai meno 15 dall’arrivo, l’atleta laziale della Colnago Csc, prova l’allungo sul gruppo. Fiuggi è però troppo lontana e il giovane, classe 1987, verrà ripreso dal gruppo negli ultimi chilometri. Sullo sfondo si vedono le squadre dei velocisti che tirano, presto Pirazzi verrà nuovamente inglobato nella mischia.

Mark Cavendish, della High Road, il velocista più forte in circolazione. Una bestia, una forza della natura che arriva dalla piccola Isola di Man, 80 mila abitanti e, guarda caso, 3 gambe muscolose come simbolo della sua bandiera (fatta in suo onore?). Il suo treno, costruito per gli arrivi in volata, quando c’è da portare Mark fino in fondo, ammazza la corsa e qualsiasi tentativo di fuga eroica. Ovviamente, salvo imprevisti.

Thor Hushovd, il vichingo. Un metro e 83 per 80 chili di potenza scandinava. Con la maglia da campione del mondo, suggella una delle vittorie più belle del Tour de France 2011. È la tredicesima tappa, con arrivo a Lourdes. Il miracolo questa volta è pagano e lo fa proprio lui, il Thor dell’era moderna, senza martello ma dalla pedalata potente. Parte da lontanissimo in fuga, allunga in salita – che non è il suo terreno – per paura di un rientro del gruppo, insegue e si mangia a colazione un povero Jeremy Roy, superato ai meno 2 dal traguardo.

Questa volta il dentello all’ultimo chilometro, siamo a Tropea nella tappa numero 8 del Giro 2011, è decisivo. Scatta Oscar Gatto, team Farnese Vini, e il suo colpo è micidiale. Dietro di lui risponde solo Alberto Contador, che con questa uscita mandò un messaggio inequivocabile – e poi ribadito sull’Etna – agli avversari, niente avrebbe potuto fermare la furia rossa.

L’antipolitica

Nell’articolo si passa rapidamente in rassegna il termine e il concetto di “antipolitica” sia nel senso di “antipartitica”, riferito ai partiti in quanto tali o ai partiti come sono divenuti oggi, sia in quello di “antiideologia”, riferito a qualsiasi ideologia o a un’ideologia ben precisa. Non si ignora inoltre il concetto di “qualunquismo”. Di Gigi Livio

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Nuvole

La tecnologia cloud computing promette grandi vantaggi in termini di semplicità e convenienza d’uso dei servizi e dispositivi informatici ma minaccia di espropriarci dei nostri dispositivi e, più importante, dei nostri dati. Inoltre renderà i giganti dell’industria informatica ancora più grandi e potenti. Di Claudio Deiro

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Filosofia e Attualità. Binomio attuabile?

All’indomani del crollo delle filosofie idealiste e totalizzanti, Adorno, nei suoi scritti giovanili, si chiede quale possa ancora essere il ruolo della filosofia nell’età contemporanea. Di Nicola Busca

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Anche in questa nostra era tecnologica e multimediale, seguendo l’esempio di Adorno e Bodei, si possono trovare spazi per la discussione filosofica. Forse si potrebbe proprio partire, come fa questo Eraclito in versione contemporanea, da internet e dai mezzi di comunicazione di massa. Uscendo dall’ambito accademico e universitario, perché non cercare  – se non la completezza teorica e l’approfondimento critico – qualche spunto per riflettere proprio sul web?

Ulisse e le Sirene, William James Draper, olio su tela,1909. Come Ulisse e i suoi marinai non potevano non essere rapiti dal canto delle sirene, così l’uomo contemporaneo – in un’epoca di positivismo e scientismo dominanti – non può non ascoltare il richiamo della filosofia. Questa disciplina, apparentemente così lontana dal reale, nasconde al suo interno (forse proprio nel suo nome così musicale e attraente) un richiamo ancestrale dal quale l’uomo non può rimanere immune.

Breve riflessione sul risveglio culturale degli italiani

In questo articolo viene svolta una breve considerazione sul risveglio culturale degli italiani, soprattutto giovani, di cui sono state recente testimonianza le votazioni per le amministrative e quelle per i referendum e l’entusiasmo che le ha precedute e ne è seguito. Di Gigi Livio

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Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nikolaj Leskov. Come Benjamin diventa un idolo rock sotto la penna di uno scrittore pop

La nuova edizione critica del saggio benjaminiano del 1936, commentato capitolo per capitolo dallo scrittore di Novecento Alessandro Baricco, è un perfetto esempio del proliferante successo di una figura postmodernissima ma nient’affatto nuova, quella del “critico come spettatore”.

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Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nikolaj Leskov fu pubblicato per la prima volta in Italia da Einaudi nel 1962, nella raccolta di saggi intitolata Angelus Novus. In questa breve ma folgorante opera Benjamin riflette su un’arte antichissima, quella del narrare, che “volge al tramonto perché viene meno il lato epico della verità, la saggezza”. Benjamin scriveva nel periodo tra le due guerre; oggi alcune considerazioni andrebbero ridiscusse alla luce di ciò che è accaduto successivamente ma la maggior parte delle tesi di fondo conserva intatta la sua validità e il suo inesauribile fascino. Impossibile riassumere nello spazio di una didascalia il contenuto di un’opera così ricca. Vale la pena però di riportare, a titolo esemplificativo, un passaggio di autentica bellezza, per dare un’idea della capacità narrativa di Benjamin e del dispiegarsi del suo pensiero critico: “il ricordo […] è l’elemento musale dell’epica in senso lato. Esso abbraccia le sottospecie musali dell’epico, fra cui tiene il primo posto quella incarnata dal narratore. Esso crea la rete che tutte le storie finiscono per formare fra loro. L’una si riallaccia all’altra, come si sono sempre compiaciuti di mostrare i grandi narratori, e in primo luogo gli orientali. In ognuno di essi vive una Sheherazade, a cui, ad ogni passo delle sue storie, viene in mente una storia nuova. È questa la memoria epica e l’elemento musale del racconto”.

Alessandro Baricco è l’autore di queste note a commento della nuova edizione de Il narratore: più che un’integrazione critica, è lo sguardo partecipe e trasognato del tifoso ad accompagnarci capitolo dopo capitolo alla scoperta dell’opera di Benjamin. È un po’ come studiare l’Orlando Furioso dal riassunto del bigino. Si pretende quella fatica lì.

Ancora Bruno Ganz. Appunti su La fine è il mio inizio e La polvere del tempo.

Bruno Ganz, attraverso un meticoloso studio d’attore sui ruoli da interpretare e grazie a una geniale capacità espressiva, continua a dimostrare la propria grandezza attoriale a ogni suo nuovo film. Di Enrico A. Pili

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Nei lunghi dialoghi intrattenuti con il figlio Folco (interpretato da Elio Germano) a proposito dell’imminenza della morte Ganz dona complessità al personaggio e alla sceneggiatura facendo trasparire nel suo sguardo una malcelata debolezza, come se quelle dissertazioni mistiche non fossero altro che un modo per esorcizzare una paura che, nonostante tutto, persiste.

Un momento della scena della metropolitana di La polvere del tempo: mentre i due innamorati si guardano teneramente, Ganz guarda l’amata accennando un sorriso. Il sorriso però, oltre a essere solo accennato, si imposta su un volto le cui rughe denunciano la generale assenza di qualunque espressione di gioia. Anche in questo caso la padronanza del volto permette a Ganz di esprimere una situazione emotiva e intellettuale complessa: l’amore per la donna, la nostalgia degli anni passati con lei, l’attuale situazione di depressione, la consapevolezza dell’impossibilità di qualunque felicità futura. Chi ha avuto o avrà occasione di vedere il film forse riuscirà a leggere nelle espressioni di Ganz anche il suo suicidio, che si compirà da lì a poco.