Luttazzi, la satira e Ferrara.

Il recente licenziamento di Daniele Luttazzi dalla 7 è stato commentato da Giuliano Ferrara con una lettera a “la Repubblica”. Questo breve scritto intende confutare gli argomenti contenuti in quella lettera. Di Gigi Livio

Giuliano Ferrara commenta, con una lettera pubblicata su “la Repubblica”, il licenziamento di 
Daniele Luttazzi dalla 7 e la sospensione del suo programma Decameron. In due colonne di giornale 
svolge un ragionamento assai semplice: nella democrazia capitalistica la libertà di parola non 
esiste o esiste solo fino a un certo punto. Dire che tutto ciò è discutibile è dire poco: si tratta di un autentico
attacco alla libertà di satira così come è praticata da un attore comico che sa usare un tipo particolare
di comicità ‘fredda’ in modo estremamente interessante.


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Sarebbe troppo facile e superficiale leggere questa immagine soltanto come un’irrisione alla religione cristiana. Certo questo elemento è presente dal momento che Luttazzi non nasconde il fatto di non amare le religioni. Ma, più in profondo, c’è anche, e forse soprattutto, la rabbia per un mondo che ha smarrito il significato del sacro e che rende tutto merce anche attraverso la religione.

Il lavoro torna a far parlare di sé: Signorina Effe e Parole sante

Il tema del lavoro è da qualche tempo tornato all’attenzione del mondo della cultura, della letteratura prima e del cinema e del documentario sociale oggi: ne sono un esempio i recenti Signorina Effe di Wilma Labate e Parole sante di Ascanio Celestini. Oltre che storica la differenza di prospettiva tra i due lavori è anche formale: in tale differenza si apre uno spazio per una possibile riflessione. Di Silvia Iracà e Armando Petrini
La Fiat scossa dall’ultima grande lotta operaia e dalla reazione dei “colletti bianchi” agli inizi degli anni ottanta; gli scioperi e le contestazioni del triennio 2004-2006 del Collettivo dei lavoratori precari di Atesia, il più grande call center d’Italia: due episodi significativi della passata e recente lotta di classe sono i temi che una cineasta e un teatrante scelgono di affrontare nei rispettivi lavori Signorina Effe e Parole sante. A dispetto del pensiero dominante che da qualche decennio vorrebbe le classi sociali finite insieme con la “storia”, e il lavoro un parametro di convivenza sociale ormai vecchio e desueto, la realtà che si ricompone davanti alla macchina da presa in queste due opere è quella del diritto alla dignità del lavoro come primo e imprescindibile presupposto di affermazione individuale e di consapevole partecipazione sociale.

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Filippo Timi e Valeria Solarino, i due attori protagonisti del film Signorina Effe
di Wilma Labate (2008).



Locandina di Parole sante di Ascanio Celestini (2008).