Due pagine di Brecht su naturalismo e politica

Per il drammaturgo tedesco, morto cinquant’anni fa, il naturalismo non è solamente una forma dell’arte, o della tecnica, dell’attore, ma anche un ben preciso modo di intendere il mondo dal punto di vista politico. Di Gigi Livio
Nel riprendere pagine fondanti il nostro retroterra, ci imbattiamo ineludibilmente in Brecht. La scrittore tedesco presenta infatti una visione del mondo e delle cose dell’arte tipicamente moderne e che della modernità hanno tutta la complessità e la ricchezza. I due brani qui riproposti affrontano il problema del naturalismo, così nella recitazione degli attori come nelle esibizioni di Hitler, letto, come non può non essere, in chiave politica.

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Nei tempi oscuri

Non si dirà: quando il noce si scuoteva nel vento
ma: quando l’imbianchino calpestava i lavoratori.
Non si dirà: quando il bambino faceva saltare il ciottolo piatto sulla rapida del fiume
ma: quando si preparavano le grandi guerre.
Non si dirà: quando la donna entrò nella stanza
ma: quando le grandi potenze si allearono contro i lavoratori.
Tuttavia non si dirà: i tempi erano oscuri
ma: perché i loro poeti hanno taciuto?

(Bertolt Brecht, Poesie 1933 – 1938, in Poesie, Torino, Einaudi, 1992, p.137)



Nel cinquantenario della morte di Brecht. Alcune riflessioni sullo “straniamento”

Lo stranimento è un procedimento attraverso cui l’arte riflette su se stessa e sul mondo. Utilizzato fin dai tempi antichi, è stato teorizzato da Bertolt Brecht per ciò che riguarda la recitazione a partire dal 1936. Di Gigi Livio
Brecht è uno degli scrittori cardine del novecento. La sua opera poetica, la drammatica e la saggistica sono cadute oggi in una specie di oblio cui contribuiscono certamente le sue posizioni politiche.
Come sempre di questi tempi, ci troviamo di fronte a un fatto che coniuga rifiuto ideologico con superficialità. Riprendere l’insegnamento di Brecht oggi vuole anche dire -oltre a portare avanti una lotta più precisa contro l’estetica, imperante nella recitazione, in teatro nel cinema e alla televisione, dell’immedesimazione naturalistica- ritornare, in un momento di crisi del postmoderno, a abbeverarsi alle fonti più fertili della modernità.

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Il comico è di per sé un genere recitativo che favorisce lo straniamento. C’è però attore comico e attore comico: chi limita la sua comicità alla superficie e fa ridere il pubblico ricorrendo a “mezzucci” è assai poco straniato. L’attore comico che, invece, stravolge la realtà attraverso il grottesco non può non frequentare una qualche forma di straniamento. Ettore Petrolini (1884-1936), grandissimo e straordinario teatrante, propone sempre un determinato personaggio come da lui visto con occhio critico, crudele e distaccato. Questo è Gastone, protagonista della “macchietta” omonima, che risulta una feroce satira dell’attore superficiale e estetizzante così di quell’epoca come dei nostri giorni.

La maschera del Nerone petroliniano ci dice immediatamente quale carica parodia l’attore romano sapesse sviluppare nei confronti dei miti della romanità rivissuta in quegli anni in Italia prima nella letteratura, nel teatro e nel cinema e poi, con l’avvento del fascismo, nelle strade e nelle piazze.

Totò nella parte di Pinocchio (a sinistra Anna Magnani). Anche il comico napoletano utilizza lo straniamento in vari modi: la voce, innanzi tutto, ma anche la gestualità così particolare e disarticolata che gli permette di rimanere sempre al di fuori del personaggio che sta portando sulla scena e di proporlo in modo critico.

“La roba” di Sergio Rubini

Un viaggio dell’attore e regista pugliese alle origini dei conflitti che nascono dalla proprietà privata. Di Chiara DelmastroÈ uscito nelle sale italiane, il 24 di febbraio, l’ultimo lavoro di Sergio Rubini, da lui scritto, diretto e interpretato con un acume, una finezza e uno sguardo sottilmente critico decisamente inconsueti nel panorama attuale; il risultato è una pellicola che, utilizzando il genere giallo, lo deforma attraverso un’ottica grottesca, al fine di dipingere un quadro sottilmente critico delle contraddizioni che nascono dalla proprietà privata.

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«Le cose che si posseggono dividono»: da questo assunto di base, Rubini parte con la sua personale analisi circa gli effetti devastanti della proprietà privata che, nel suo ultimo lavoro, è presentata come la causa scatenante di un duro conflitto familiare.

Un primo piano dell’attore e regista Sergio Rubini che, nell’ultimo film da lui diretto e interpretato La terra, non ha esisato a sconciare in modo ripugnante il suo aspetto attarverso il trucco, al fine di rendere esplicita la poetica grottesca alla base della sua opera.