Una pagina di Gramsci

La riproposta di una pagina dai Quaderni del carcere di Antonio Gramsci costituisce l’occasione per tornare a parlare della necessità, oggi più forte che mai, di frequentare il pensiero critico della moderntà, e del novecento in particolare, nell’ottica di un rinnovamento della cultura e della società. Di Gigi Livio
Con questo nuovo numero dell’Asino vola iniziamo una pratica che ci appare quanto mai necessaria: la riproposta di alcune pagine dei maestri del pensiero che hanno costruito il nostro retroterra culturale. Antonio Gramsci è certamente tra i più importanti intellettuali della modernità: rileggere le sue pagine oggi significa ritrovare e riaffermare la forza del pensiero critico in una temperie culturale, la nostra, in cui l’ubriacatura relativistica postmoderna vorrebbe azzerare ogni tensione autenticamente oppositiva all’ideologia dominante
Se è vero che il postmoderno inizia forse a mostrare i primi segni di cedimento, è altrettanto vero che il “canto del cigno” del vecchio uomo dipende anche dalla nostra capacità di fare ciascuno la propria parte perché ciò possa avvenire davvero.

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Il problema della verità: dialogo a distanza fra Brecht e Beckett.

100 anni fa, il 13 aprile 1906, nasceva Samuel Beckett
50 anni fa, il 14 agosto 1956, moriva Bertolt Brecht
Di Donatella Orecchia

«Ni-en diceva: Sempre nella vita c’è qualcosa che è in procinto di perire. Ciò che perisce non vuole però semplicemente morire, ma lotta per la propria sopravvivenza, difende la sua causa persa. Nella vita nasce altresì sempre qualche cosa di nuovo. Ma ciò che si desta alla vita non viene semplicemente al mondo: perisce e grida e afferma il proprio diritto a vivere». (B. Brecht, Me-ti. Libro delle svolte)

Guardare a Beckett attraverso le indicazioni di Brecht è un utile esercizio: un dialogo a distanza e un modo per ricollocare entrambi entro la temperie culturale della modernità.

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Bertolt Brecht (1898 – 1956)



Samuel Beckett (1906 – 1989)

Pasolini, Calvino e il ruolo degli intellettuali. Ancora sull’industria culturale.

Si è accesa a fine agosto una polemica su alcuni quotidiani e qualche rivista on-line a proposito dello stato di salute del dibattito culturale italiano. Una discussione interessante, a patto però di abbandonare la contrapposizione sbagliata fra un passato da rimpiangere e un presente da difendere a tutti i costi. Di Armando Petrini
Il dibattito di fine agosto ha finito per riproporre un’alternativa riduttiva. Quella fra chi sostiene che ci sia un passato da rimpiangere, senza però addentrarsi nelle articolazioni e nelle contraddizioni di quel passato. E chi sostiene che il nostro presente non abbia in fondo molto da invidiare a quel passato, senza così cogliere il nodo dello “sfacelo della cultura” che ha caratterizzato in particolare gli anni Ottanta e Novanta. Proviamo qui a impostare su altre basi quella discussione.

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