Terza pagina e due “recensioni” anomale

La societas dello spettacolo! (analisi scientifica e spunti polemici dello specialista Unoetrino) e LODE (Lode a Remondi e Caporossi distruttori del teatro!). Di Unoetrino

Una nota di Gigi Livio

Quando è stata impostata questa rivista, abbiamo pensato di riservare uno spazio, Terza pagina, per le cose un po’ particolari che, via via, il tempo e i tempi avrebbero potuto proporci.

E’ questo il motivo per cui pubblichiamo oggi due pezzi non scritti nella consueta prosa critica, ma, invece, pensati e realizzati da una mente d’artista. Questo comporterebbe un diverso tipo di destinatario non fosse che i due pezzi si articolano come “recensioni” a due spettacoli che – accomunati nell’onnivora etichetta di “teatro di ricerca” o, peggio, “d’avanguardia” – sono invece così diversi tra di loro da risultare antitetici e, dunque, di significato opposto.

Unoetrino è un gruppo teatrale che merita la massima attenzione anche perché volutamente, e senza infingimenti, si inscrive nel grande solco del “teatro di contraddizione”. A questi tre giovanissimi teatranti abbiamo dedicato una riflessione che verrà pubblicata sul numero 10 dell’ “Asino di B.” la cui uscita è prevista per settembre.

Un’ultima avvertenza: le due “recensioni” sono già state pubblicate sul sito di Unoetrino; a noi però è parso il caso di riprenderle, per favorire eventualmente una lettura incrociata del sito e della rivista, dal momento che ci paiono non solo interessanti, ma anche, e soprattutto, ricche di valore dal punto di vista del pensiero critico che deve informare l’operare artistico.

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Toni Servillo, attore nella tradizione

Toni Servillo, oggi conosciuto dai più come protagonista del film Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino, da anni sui palcoscenici italiani, è l’esempio di un teatrante che si confronta con la tradizione in modo autentico e fuori dalle mode. Di Donatella Orecchia
Oggi la tradizione come concreto sapere collettivo che si tramanda di generazione in generazione è quasi scomparsa. Eppure spesso si riscontra che, in contesti anche molto diversi fra loro (dalla cucina, all’artigianato, all’arte), l’appello alla tradizione è quanto mai diffuso, funzionale a nutrire il mercato di prodotti con l’etichetta della ‘bontà di una volta’, dell’ ‘originalità’, della ‘credibilità’. 
Nell’arte e, in particolare, in teatro accade da anni qualcosa di molto simile. Ma qualcuno sa andare controcorrente e confrontarsi in modo autentico con ciò che resta della tradizione.
Toni Servillo è uno dei rari ma importanti esempi della scena italiana in cui il recupero e il confronto/scontro con la tradizione -del teatro napoletano da una parte e del grande attore italiano, dall’altra- è un autentico stimolo creativo e lo porta a prendere le distanze dal linguaggio teatrale egemone, piatto e normalizzato che, opportunisticamente, ha da tempo preso il titolo di teatro di tradizione.

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Un momento della recita di Sabato domenica e lunedì. L’affiatamento dei due attori, Toni Servillo (Peppino Priore) e Anna Bonaiuto (Rosa Priore), si riconosce nella sintonia con cui conducono il gioco scenico, nella precisione dei tempi teatrali, nell’incontro di temperamenti comici differenti ma che affondano entrambi nella cultura napoletana (per la friulana Bonaiuto cultura d’adozione): una lingua fatta tanto di parole, di cadenze, quanto di gesti, di smorfie, di accenti, di silenzi e, soprattutto, di ritmi. E il ritmo (di battute, di movimenti, di pause e accelerazioni) in teatro è cosa concreta e ‘antica’, che si tramanda concretamente dalle assi alle assi del palcoscenico, fra attori.

Toni Servillo nella parte del protagonista della commedia di Eduardo de Filippo, Sabato domenica e lunedì. Pensieroso e isolato dal resto della famiglia/compagnia, come sospeso ed estraneo a tutti, Servillo mostra, attraverso la stilizzazione del gesto sempre pulito ed essenziale, il personaggio; e rende così evidente la finzione del gioco teatrale.

Toni Servillo, protagonista del film di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell’amore in una delle scene in cui, seduto al bar dell’albergo, guarda in silenzio la cameriera di cui si è innamorato: sguardo fisso, non un sorriso, quasi nessun movimento del volto, nessun compiaciuto cedimento al gigionismo e alla retorica sentimentale di tanto cinema italiano.