Elogio di Claudio Remondi, poeta del teatro

A febbraio è morto Claudio Remondi. Il suo operare teatrale può venire sintetizzato nell’affermare che fu, insieme al suo compagno d’arte Riccardo Caporossi, un “poeta del teatro”. Non è possibile dire in poche parole cosa questa definizione significhi, ma l’articolo si impegna a cercare di spiegarlo. Di Gigi Livio

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Clouzot, Il corvo e il naturalismo critico

L’analisi del film di Clouzot Il corvo può essere l’occasione per riflettere sull’opera di un grande regista-sceneggiatore e per parlare di un problema di cui la nostra rivista si occupa spesso, ovvero il problema del naturalismo critico. Di Enrico A. Pili

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Nel 1947 Clouzot gira Quai des Orfèvres, film che doveva segnare il suo ritorno in punta di piedi nel mondo del cinema e che invece vince il leone d’oro al festival di Venezia. Il film è effettivamente molto più convenzionale del precedente Le Corbeau. Illuminante, da questo punto di vista, è confrontare due scene in cui un personaggio si guarda allo specchio: in Le Corbeau Marie Corbin, inseguita da una folla di forcaioli, raggiunge la sua casa e la trova devastata. Si guarda allora in uno specchio rotto, realizzando forse la sua frattura interiore, dovuta al suo trovarsi improvvisamente espulsa dalla comunità. La scena non ha musica di accompagnamento. In Quai des Orfèvres invece abbiamo un’impostazione più tradizionale: Maurice (Bernard Blier) si guarda allo specchio dopo aver deciso di uccidere quello che crede l’amante della compagna. La musica suggerisce didascalicamente che l’atmosfera è molto tesa. Ancor più didascalicamente sentiamo, mentre Maurice si guarda allo specchio, i pensieri di Maurice. Mentre Marie Corbin viene costruita in un modo che preservi l’estrema ambiguità del personaggio, l’interiorità di Maurice viene esteriorizzata in una maniera che appiattisce il personaggio.

Nel 1947 Clouzot gira Quai des Orfèvres, film che doveva segnare il suo ritorno in punta di piedi nel mondo del cinema e che invece vince il leone d’oro al festival di Venezia. Il film è effettivamente molto più convenzionale del precedente Le Corbeau. Illuminante, da questo punto di vista, è confrontare due scene in cui un personaggio si guarda allo specchio: in Le Corbeau Marie Corbin, inseguita da una folla di forcaioli, raggiunge la sua casa e la trova devastata. Si guarda allora in uno specchio rotto, realizzando forse la sua frattura interiore, dovuta al suo trovarsi improvvisamente espulsa dalla comunità. La scena non ha musica di accompagnamento. In Quai des Orfèvres invece abbiamo un’impostazione più tradizionale: Maurice (Bernard Blier) si guarda allo specchio dopo aver deciso di uccidere quello che crede l’amante della compagna. La musica suggerisce didascalicamente che l’atmosfera è molto tesa. Ancor più didascalicamente sentiamo, mentre Maurice si guarda allo specchio, i pensieri di Maurice. Mentre Marie Corbin viene costruita in un modo che preservi l’estrema ambiguità del personaggio, l’interiorità di Maurice viene esteriorizzata in una maniera che appiattisce il personaggio.

L’Enfer, iniziato nel 1964 e mai terminato, doveva essere un esperimento formale radicale, in risposta alle nuove tendenze del cinema mondiale e a quella critica francese (Truffaut in testa) che lo aveva marchiato come passé. Del film restano tredici ore di girato, sulle quali Serge Bromberg ha realizzato il bellissimo documentario L’Enfer d’Henri-Georges Clouzot nel 2009, e diverse testimonianze che ci svelano l’interesse di Clouzot nel realizzare un’opera in cui fosse cancellato il confine tra l’interiorità del personaggio di Serge Reggiani, un marito geloso ossessionato dalla paura di essere tradito dalla giovane moglie, e il mondo da questo abitato.

L’Enfer, iniziato nel 1964 e mai terminato, doveva essere un esperimento formale radicale, in risposta alle nuove tendenze del cinema mondiale e a quella critica francese (Truffaut in testa) che lo aveva marchiato come passé. Del film restano tredici ore di girato, sulle quali Serge Bromberg ha realizzato il bellissimo documentario L’Enfer d’Henri-Georges Clouzot nel 2009, e diverse testimonianze che ci svelano l’interesse di Clouzot nel realizzare un’opera in cui fosse cancellato il confine tra l’interiorità del personaggio di Serge Reggiani, un marito geloso ossessionato dalla paura di essere tradito dalla giovane moglie, e il mondo da questo abitato.