L’arbitro, Kaspar Hauser e il fantasma di Ciprì e Maresco

Presentiamo qui qualche riflessione sull’uso del bianco e nero nel film L’arbitro di Paolo Zucca, con riferimenti a La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli e un accenno al cinema di Ciprì e Maresco.Di Enrico A. Pili

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Una scena dell’Arbitro di Zucca: la croce è una delle tante che segnano la strada che porta la Pabarilese al campo nel quale questa subirà la sconfitta che le precluderà la possibilità del primo posto in classifica, nonché richiamo esplicito alla religione cristiana. Le implicazioni simboliche sono chiare, come anche quelle cinematografiche (l’immagine, come denunciato dal formato panoramico, vuole richiamare il cinema di Sergio Leone e le croci possono richiamare i cimiteri improvvisati di tanti spaghetti western, con tutto il cascame simbolico che ne deriva), ma rimangono suggestioni superficiali, incapaci di costituirsi in elementi di interesse.

Due immagini del film La leggenda di Kaspar Hauser di Manuli: i luoghi sono resi spogli e desolati al fine di farne risaltare il vuoto, e di riflesso la presenza ingombrante e acriticamente straniante di frammenti erosi di civiltà occidentale (come l’apparecchiatura da dj o il duello da film western).

Due immagini del film La leggenda di Kaspar Hauser di Manuli: i luoghi sono resi spogli e desolati al fine di farne risaltare il vuoto, e di riflesso la presenza ingombrante e acriticamente straniante di frammenti erosi di civiltà occidentale (come l’apparecchiatura da dj o il duello da film western).

Del conformismo imperante

Dire “conformismo imperante” non vuole assolutamente affermare che il conformismo prima non ci fosse. Semplicemente qui si vuole mettere in luce il fatto che il conformismo non è mai stato totalitario come nell’epoca in cui stiamo vivendo. A questo risultato concorrono più elementi contemporaneamente che cercheremo di illustrare senza dimenticare che per interpretare una realtà complessa è necessario esercitare un pensiero altrettanto complesso; e il fatto che l’attuale società rifiuti un pensiero complesso si inscrive già nell’alveo del conformismo imperante.

Inizio con un’osservazione che a me pare ovvia ma che forse ovvia non è: qualche anno fa il conformismo, ormai diffusissimo, non era ‘imperante’: si aprivano spiragli, strettissimi invero, alla speranza in un possibile cambiamento. Oggi tutti gli spiragli si sono chiusi a uno a uno e dolorosamente e, come succede all’amico di Hamm in Finale di partita, non si vedono che ceneri. È pur vero che, poi, Hamm e Clov “tirano avanti”; ma senza speranza alcuna. Anche noi ‘tiriamo avanti’ ma con una sola prospettiva e cioè quella di pensare, non “vedere”, che sotto quelle ceneri covi ancora qualche favilla di brace. Gigi Livio

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