A vent’anni dalla morte, ricordiamo l’artista siciliano proponendo una lettura de La spiaggia. Di Maria Pia Petrini
Trascurando volutamente la polemica che divampava in quegli anni tra figurazione e non figurazione,
riteniamo comunque, con Pasolini, che, ‘‘il mantenersi fedele [di Guttuso] alla figura sia quasi una
forma di nevrosi”, e che “il [suo] realismo particolaristico – psicologico, regionale o nazionale – si irrigidisca,
fuori dalla storia, in una raggricciata emblematicità”.
Nel 1956 Renato Guttuso dipinge La spiaggia, un’enorme tela in cui ci è mostrata un’umanità al suo limite,
tesa e sofferente, in cui i corpi urlano senza farsi sentire. Un’apparente quiete pervade la tela, un silenzio che blocca i movimenti, una sofferenza che non riesce a esplodere.