Mélange: a proposito di “tolleranza”. Una pagina di Adorno

Una pagina di Adorno tratta da uno dei suoi libri più importanti, Minima moralia. Un discorso critico sulla falsa tolleranza. Di Armando Petrini
Sempre più spesso il senso comune si fa portatore di una idea astratta di tolleranza, che finisce per rovesciarsi nel suo opposto, in una forma di omologazione.
Adorno mette bene in evidenza questo rischio già alla fine degli anni Quaranta del Novecento, osservando come la falsa tolleranza tipica del capitalismo maturo nasca dal rifiuto dell’autentica tolleranza che potrebbe realizzarsi in una società liberata.

PDF

Lo stato della critica oggi: l’avanguardia. Con un cenno a Cochi e Renato e a Lars von Trier.

La critica attuale, basata per lo più su criteri di gusto non filtrati da solide basi metodologiche, non è più in grado di capire l’avanguardia. Ecco dunque che a questa critica sfuggono fenomeni come quello rappresentato dall’ultima trasmissione televisiva di Cochi e Renato o dall’ultimo film, Il grande capo, di Lars von Trier. Di Gigi Livio È in atto una solo apparente grande confusione della critica; in effetti, i vari recensori, seguendo solo criteri “impressionistici”, e cioè frutto delle loro impressioni, portato tutti avanti, fatte salve le solite eccezioni, un’ideologia conformistica che è l’ideologia delle classi dominanti. Per questo motivo fraintendono tutti quei fenomeni artistici che possono essere ricondotti all’avanguardia che non amano perché permeata da quello spirito “di contraddizione” che la cultura postmoderna ha dichiarato finito. E non possono né comprendere né tantomeno amare quella ribalderia che è sottesa a ogni gesto della vera avanguardia.
L’incomprensione di fenomeni interessanti come quello costituito dalla trasmissione televisiva di Cochi e Renato e decisamente grandi sul piano artistico come l’ultimo film di Lars von Trier, Il grande capo, tutti e due riconducibili, ciascuno a suo modo, al mondo dell’avanguardia, affonda le radici nell’ideologia postmoderna, e dunque antimoderna, di tanta critica.

PDF

Anche il modo di atteggiarsi di Lars von Trier rivela il suo essere “contro” e “diverso”. Quello sguardo è certamente “intrigante”, ma anche “ribaldo”; è decisamente e volutamente “ambiguo” ma anche “perverso”: tutte connotazioni forti di un artista che non intende conformarsi con il modo d’essere della maggioranza degli uomini e che, come tutti gli artisti della modernità, vive a disagio e con sofferenza in un mondo che non comprende e ne vuole più sapere dell’arte. Infatti, nella nostra società, il fato stesso di essere artisti costituisce di per sé una contraddizione proprio per la vocazione dell’arte, quando sia vera arte, a sfuggire alla onnicomprensiva mercificazione.

In questo fotogramma di Dogville si vede bene l’impianto scenico: le case del piccolo paese esistono solamente in pianta e gli attori si muovono “fingendo” i gesti che servono a fruire dello spazio di una casa. Abbiamo così una finzione nella finzione che ottiene un effetto di straniamento per cui lo spettatore non può mai lasciarsi andare al racconto ma è continuamente costretto a ragionare su ciò che succede. E’ questo l’aspetto formale di un film che è tutto volutamente “sfasato”, impostato cioè su una vicenda assai poco credibile ma molto utile per mettere in luce una realtà che, così come è vista dal regista, risulta assai più reale di quanto possa esserla quella di un film a impianto naturalistico.

Il grande capo: il manifesto così come si presenta in Italia.