Cinema Cielo

Danio Manfredini al Teatro dell’Elfo di Milano con Cinema Cielo: la poetica personalissima di un attore-autore tra i più interessanti del panorama italiano in uno spettacolo che a tratti scade nel patetismo. Di Maria Vittoria Gialli
Nel febbraio 2004 è stato riproposto a Milano al Teatro dell’Elfo Cinema Cielo, uno spettacolo di e con Danio Manfredini. Un’occasione per vedere un attore come pochi fedele a se stesso nelle sue ossessioni e passioni artistiche.
Manfredini ci mostra l’interno di un cinema porno effettivamente attivo a Milano negli anni settanta e il mondo che lo anima; in quella platea omosessuali, trans e strane coppie etero cercano se stessi (e un fugace piacere sessuale). Qui Manfredini nei panni del personaggio di Samira, ardente e tormentata transessuale, racconta la sua iniziazione con toni intesi, intrisi di umorismo e disperazione.
Il talento e lo stile personalissimo di Manfredini si stemperano tuttavia in uno spettacolo non del tutto risolto.

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Nella sala di Cinema Cielo gli attori-spettatori guardano verso la platea del teatro: fra i due scorre una pellicola immaginaria di cui si ode soltanto il sonoro. Il pubblico reale si trova così a specchiarsi nel pubblico della finzione, senza che tuttavia sia permessa alcuna immedesimazione: tutto è finto in quella sala, compresi molti dei suoi frequentatori che sono rigidi manichini di plastica.

La Scenografia, le luci, la presenza dei manichini e la recitazione un po’ marionettistica degli attori, tutto nello spettacolo mira a rendere esplicita la finzione scenica. Ma il solo Manfredini ha la forza e l’intensità per fare di tale finzione l’espressione autentica della sua poetica d’attore.

The Passion of the Christ di Mel Gibson

Il 7 di aprile 2004 è uscito anche nelle sale italiane The Passion of the Christ di Mel Gibson: un film che, nel suo fondamentalismo ideologico ed estetico, riflette in pieno l’attuale politica statunitense. Di Chiara Delmastro e Donatella Orecchia
Una pellicola che rappresenta in maniera ideale l’era di Bush e che si può analizzare sostanzialmente sotto tre profili; dapprima quello più strettamente filologico, poi quello dell’estetica cinematografica, i quali rimandano all’aspetto politico-ideologico dell’opera, quello che con più urgenza richiedeva di essere esaminato.
E forse il lato maggiormente inquietante del fenomeno è proprio questo, cioè che a molti, fra pubblico e critica, pare sia sfuggito il rozzo manicheismo che regge tutta la narrazione; sintomatico di un’epoca di crisi strutturale che investe la nostra società come tutto il mondo occidentale.

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Dopo la cruenta flagellazione il corpo di Gesù viene rappresentato come un pezzo di carne pesta e sanguinante a cui non resta più alcuna traccia di identità umana. La componente morbosamente ipernaturalistica del film, che intenderebbe svelare la verità del dolore, non è altro che la sua volgare e spudorata spettacolarizzazione.