Rosa Luxemburg: un inno all’internazionalismo

L’Asino vola propone una lettera della grande teorica marxista in cui sono svelate le insidie del nazionalismo ed è affermato il carattere imprescindibile e fondante dell’internazionalismo nella pratica rivoluzionaria socialista. Di Chiara Delmastro

In un momento storico che vede riaccendersi, da più parti, fervori di stampo nazionalistico, proponiamo
una lettera scritta per compagni inglesi nel dicembre del 1914 da una delle menti più brillanti della scuola
marxista, la fondatrice della Lega di Spartaco Rosa Luxemburg; la missiva, oltre ad incitare alla
prosecuzione della lotta di classe nonostante il fallimento della seconda internazionale, è un duro atto di condanna verso i conflitti imperialistici – era appena scoppiata la prima guerra mondiale –, e un’ode
appassionata al sentimento di fratellanza universale che dovrebbe accomunare i lavoratori di tutto il mondo.

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Rosa Luxemburg (5 marzo 1870-15 gennaio 1919), nacque in Polonia, nel Voivodato di Lublino; giovanissima, scappò dapprima in Svizzera, dove frequentò l’università di Zurigo, 
e quindi in Germania, dove fu allieva di Karl Kautsky. La Luxemburg, insieme a Karl Liebknecht, si staccò dal partito socialdemocratico tedesco dopo che questo si schierò ufficialmente a favore della prima guerra mondiale, per fondare il partito comunista tedesco, la Lega di Spartaco. Entrambi furono assassinati per ordine dei socialdemocratici il 15 gennaio 1919. Rosa Luxemburg è stata da più parti riconosciuta come una della menti scientifiche più brillanti della scuola marxista; ma ella fu in primo luogo, come il fondatore del comunismo, soprattutto una vera rivoluzionaria.

Il nichilismo e i giovani di Umberto Galimberti: quando l’ospite più che inquietare chiede la resa

Un grande successo editoriale, una riflessione sulla condizione giovanile contemporanea che
invita alla resa e al ripiegamento su se stessi, rimuovendo le cause (e le prospettive) di un malessere reale.
 Di Donatella Orecchia
Fra divulgazione scientifica e intervento sull’attualità, il libro di Galimberti è l’espressione di un pensiero
che chiede ai giovani, e con loro all’intera società, la resa all’individualismo, alla deresponsabilizzazione
verso la storia collettiva e personale. Una descrizione apparentemente realistica e cruda del malessere
giovanile che, privata dei riferimenti alle radici storiche, alle ragioni economiche e alle responsabilità 
politiche, cela le contraddizioni del presente e nega ogni prospettiva al cambiamento.

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