La restaurazione. A proposito di una polemica sulla marginalità della cultura.

Si è recentemente sviluppato un interessante dibattito sui giornali e in rete a partire da uno scritto di Antonio Moresco, La restaurazione. Questo intervento vuol essere un contributo alla discussione. Di Armando Petrini

Antonio Moresco ha pubblicato sul sito “Nazione indiana” un intervento dal titolo La restaurazione riferito al ruolo e allo stato di salute della cultura e dell’arte italiani. Ne è seguito un ampio e vivacissimo dibattito, in rete e sui giornali.
 
Le forti e veementi accuse di Moresco, in parte condivisibili, rischiano però di non centrare il problema. Che non è tanto quello della marginalità o meno della cultura e dell’arte, ma di come reagire e di come collocarsi rispetto a tale marginalità che è imposta dal mercato.

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Luttazzi di nuovo a teatro: bollito misto con mostarda

Ovvero: “L’intrattenimento dà al pubblico ciò che vuole, l’arte dà al pubblico ciò che ancora non sa di volere” (D. Luttazzi). Di Gaia Russo Frattasi
Il nuovo spettacolo di Luttazzi in tournée italiana, ricetta agrodolce che coniuga le sue ottime doti attoriche ad un’ironia fulminante e dolorosa; una corsa a perdifiato nella “Casa degli Orrori” nazionali ed internazionali durante la quale, con la risata come unica consolazione, il comico non risparmia niente e nessuno, meno che mai se stesso.

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Luttazzi non veste i panni di un personaggio, ma porta in scena se stesso. La sua pirotecnica e irrefrenabile maratona verbale è resa ancor più pungente dalle espressioni stralunate del suo volto irregolare e clownesco.

In una sapiente orchestrazione di ritmi e di pause, in un’abile commistione di registri, Luttazzi sulla scena pare una marionetta mossa da fili invisibili: sebbene la mimica fisica sia poco sfruttata, l’attore è essenzialmente un corpo grottesco, denso di orifizi, protuberanze e deformità che lo pongono in comunicazione col mondo.

Il teatro di narrazione secondo Valeriano Gialli

In occasione del suo ultimo spettacolo, Moby Dick, Valeriano Gialli ha parlato di teatro di narrazione: in questo breve intervento filmato ci spiega che cosa è per lui e come lo pratica. (mvg)
Gialli distingue tra il teatro di narrazione così come viene normalmente inteso, che mette in scena le radici e il vissuto personale dell’attore, da un altro modo di concepire il teatro di narrazione, il suo, che egli stesso definisce “radicale” perchè opera un rovesciamento rispetto alla drammaturgia tradizionale, nel senso che l’attore non recita più un personaggio, ma è simile all’antico aedo che canta una storia.
Il teatro di cui Valeriano Gialli parla è quello epico, che abbandona la centralità della psicologia del personaggio grazie a una recitazione anti-naturalistica in cui, come diceva Brecht, l’attore pone una distanza fra sè e il personaggio e fra sè e le cose che rappresenta. Ciò di cui parla questo attore sono grandi eventi, grandi poemi, non i piccoli e noiosi psicologismi della vita quotidiana.
Un teatro tanto più moderno quanto più fa riferimento al più antico modo di recitare che conosciamo: quello omerico, che è pre-tragico.