Gli amori folli di Alain Resnais

Uno dei migliori film usciti quest’anno nei cinema italiani è certamente Gli amori folli, un’opera che allontana sempre più Alain Resnais dagli stereotipi che l’hanno voluto in passato compagno dei “giovani turchi” della Nouvelle Vague. Di Enrico A. Pili

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Nella sequenza di apertura del film (in basso) la macchina da presa si avvicina in soggettiva all’ingresso di un tempietto buio, fino a entrarvici, precipitando tutta l’inquadratura nel nero più assoluto. Si può qui trovare un richiamo piuttosto esplicito a una scena di Strade Perdute di David Lynch (1997, in alto) nella quale Bill Pullman scompariva nell’oscurità del suo studio (una stanza che nel film era leggibile come spazio metaforico dell’inconscio e del rimosso del personaggio). Naturalmente nel film di Resnais l’oscurità del cubicolo non va letta simbolicamente, piuttosto può essere vista come un ulteriore gioco, uno scherzo registico che, come il finale del film, imita certe tecniche lynchiane per creare uno stato di tensione nello spettatore, portato ad aspettarsi un clima enigmatico e onirico che non arriverà mai.