Il teatro accade e non c’è replica

Lo Studio per Woyzeck di Claudio Morganti. Di Mariapaola Pierini

Non sono molte le occasioni per vedere il teatro di Claudio Morganti. Il suo è un percorso appartato.
Morganti ha scelto da tempo di stare a lato, portando avanti con ostinazione e rigore una pratica teatrale 
che sfugge a compartimentazioni e a logiche mercantili e spettacolari. 

Quando il suo lavoro arriva sul palcoscenico, come è accaduto di recente in occasione delle cinque rappresentazioni dello studio per Woyzeck al Teatro della Tosse di Genova, le ragioni del difficile rapporto 
tra Morganti e il sistema teatrale sembrano diventare immediatamente più chiare. Il lavoro condotto con 
i giovani attori della nuova compagnia della Tosse non approda infatti a uno spettacolo, perché così non
potrebbe essere. 

Non si esce da teatro appagati, sazi, bensì affamati. Privo di pienezza pacificante, di forme chiuse, fissate e ripetibili, il teatro di Morganti fugge dalla logica della replica, poiché è un teatro che accade – come lui 
stesso ha più volte sottolineato -, dove salire sul palcoscenico non significa mostrare l’esito, la produzione
quanto portare alla luce un pezzo di un percorso che si presuppone infinito, imprevisto e imprevedibile.

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Sara Nomellini e Lupo Misrachi in Studio per Woyzeck di Claudio Morganti.

Claudio Morganti e la compagnia del Teatro della Tosse.



Egocentrismo, megalomania e recitazione secondo Klaus Kinski

In occasione della retrospettiva dedicata al cinema di Werner Herzog, attualmente in programmazione al Museo nazionale del cinema di Torino, l’Asino vola ospita volentieri l’intervento di uno studente della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Torino, che riflette sull’arte dell’attore-icona del cineasta tedesco. Di Luca Giglio

“Io non sono il Gesù della chiesa ufficiale, tollerato da polizia, banchieri, giudici, boia, militari, capi
della chiesa, politici e altri uomini di potere, io non sono la vostra superstar”. 
Con queste parole Klaus Günther Nakszynsky, in arte Klaus Kinski, terminava in anticipo nel 1971, 
tra insulti e fischi del pubblico, la tournée teatrale di un Gesù Cristo atipico intitolata Jesus Christus 
Erloser
 dove, con un’originalissima fusione tra Nuovo Testamento e improvvisazione nervosa, spedì 
all’inferno chiesa e preti. Oggi un attore di questo calibro è difficile da scovare anche nei più 
sperimentali teatri o set cinematografici; sì perché di Kinski ce n’è stato uno solo, forse l’ultimo grande
caratterista del secolo passato.

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Klaus Kinski e Werner Herzog sul set di Cobra verde.