Kontakthof. Pina Bausch e il rimpianto della danza

Pina Bausch ripropone un suo vecchio spettacolo. In scena attori sopra i sessantacinque anni. Un ritorno al passato attraverso un riallestimento che vuole sottrarsi a ogni possibile retorica celebrativa. Di Donatella Orecchia e Mariapaola Pierini

Dal 18 al 21 novembre al Teatro della Corte di Genova va in scena Kontakthof. Mit Damen und Herren ab 65.
Lo spettacolo è quello del 1978, ma chi lo porta in scena è più vecchio di quanto non siano oggi i ballerini della versione originale.
 
Un’immagine sfocata di ciò che è stato, una riedizione in cui i corpi malfermi e imperfetti degli attori si affannano negli inseguimenti amorosi degli impossibili contatti dello spettacolo.
 
Nel ritornare sul proprio passato, la Bausch compie una riflessione amara e insieme lieve sul senso del proprio lavoro. Senza ridonargli brillantezza e ostacolando, attraverso questi corpi segnati dal tempo, ogni possibile compiacimento formale, la coreografa ribadisce e rende ancor più doloroso il suo rimpianto per un’impossibile danza.

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Kontakthof. La versione originale del 1978. I ballerini attori del Wuppertaler Tanztheater avanzano verso la platea in una sequenza di piccoli e precisi movimenti. Nel teatro di Pina Bausch la danza si distilla e si frantuma per lasciare spazio a una gestualità ripetiviva e a corpi crudamente sensuali.

Kontakthof. Il riallestimento. I medesimi costumi e i medesimi movimenti. Tutto però cambia di segno. Pina Bausch ha forzato lo spettacolo verso i suoi limiti estremi, e i corpi malfermi e incerti esprimono tutto il disincanto e la meraviglia di ciò che è stato e non è più.

Cafè Müller. Nello spettacolo del 1978 la Bausch appare in scena. Una figura spettrale dalle lunghe braccia e dal corpo sofferente si aggira come una sonnambula tra i tavoli e le sedie di un caffè.

Il falso e il finto. Sale di Eugenio Barba

Una lettura critica di Sale, spettacolo realizzato da Eugenio Barba nel 2002 ma ripreso in occasione del quarantennale dell’Odin Teatret. Di Armando Petrini

Il quarantennale della fondazione dell’Odin Teatret, la compagnia teatrale diretta da Eugenio Barba,
è l’occasione per una riflessione sul significato di alcune delle scelte espressive del cosiddetto terzo teatro.
Un teatro volutamente distante dal gioco consapevole della finzione e tutto orientato al contrario verso la ricerca di una naturalezza espressiva che, rinunciando al finto, finisce per consegnarsi appunto al falso.
 
Particolarmente significativo in questo senso lo spettacolo Sale, recentemente ripreso dall’Odin.

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L’attrice, Roberta Carreri, esprime in scena uno stile recitativo improntato a una chiarissima forma di naturalezza espressiva.

Uno spettacolo, Sale, che unisce una particolare forma di povertà a una sensibilità estetizzante, finendo per eludere la ricerca di un autentico rigore espressivo.