Venezuela e dintorni

Riflessioni e divagazioni a partire da una visita al padiglione venezuelano della Biennale Architettura di Venezia 2012. Di Enrico A. Pili

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I disegni di Domenico Silvestro, con la vivacità di colori e il dinamismo di tratto che li caratterizzano, fanno trasparire un forte ottimismo verso il futuro. Le città di Silvestro non sono caotiche, sono piuttosto prese in un vortice, vortice costituito dalla volontà di rinnovamento di una generazione consapevole di porre le basi per una società nuova: al centro del vortice il popolo, intorno la città sovvertita, quindi la realtà trasformata.

I disegni di Domenico Silvestro, con la vivacità di colori e il dinamismo di tratto che li caratterizzano, fanno trasparire un forte ottimismo verso il futuro. Le città di Silvestro non sono caotiche, sono piuttosto prese in un vortice, vortice costituito dalla volontà di rinnovamento di una generazione consapevole di porre le basi per una società nuova: al centro del vortice il popolo, intorno la città sovvertita, quindi la realtà trasformata.

Sette opere di misericordia

Sette opere di misericordia è un film di Gianluca e Massimiliano De Serio, proiettato nelle sale all’inizio del 2012. Il film è stato l’unico lungometraggio italiano in concorso al Festival del Cinema di Locarno del 2011, dove si è aggiudicato il Premio Don Quijote e il Secondo Premio Giuria dei Giovani, e ha partecipato ad altri numerosi Festival in giro per il mondo ottenendo diversi riconoscimenti. Di Daniela De Luca

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Un lungo sguardo intenso tra i due protagonisti: è l’ultimo capitolo, “seppellire i morti”.

Antonio, dimesso dall’ospedale, si incammina finalmente verso casa. Qui lo vediamo mentre, arrivato al piano del suo appartamento, esce dall’ascensore. Si apre il capitolo “alloggiare i pellegrini”. Alle sue spalle c’è Luminita che, un secondo dopo, lo aggredisce e lo spinge dentro casa sua. Chiusa la porta ha inizio il pestaggio e il sequestro.

Un momento di confronto tra Gianluca e Massimiliano durante le riprese del film.

Il ministro Profumo tra libri di testo e computer

Tra i tanti problemi che ha già la scuola italiana ora se ne affaccia un altro che potrebbe avere conseguenze pericolose. Il ministro Profumo pretenderebbe che gli studenti rinunciassero ai libri di testo e col ricavato in denaro si comprassero il computer. E i libri di testo? Secondo il ministro dovrebbero farseli da soli. Questo comporterebbe il fare a meno di quella guida e di quella base che costituisce il libro di testo, solitamente redatto da specialisti della materia e della didattica. Di Gigi Livio

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La biblioteca di Babele

La biblioteca è illimitata e periodica. Se un eterno viaggiatore la traversasse in una direzione qualsiasi, constaterebbe alla fine dei secoli che gli stessi volumi si ripetono nello stesso disordine (che, ripeto, sarebbe un ordine: l’Ordine). Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine.

Da La biblioteca di Babele
Jorge Luis Borges
Da Finzioni, parte I
1941
Di Claudio Deiro

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Venere e Adone nel riadattamento di Valter Malosti

Valter Malosti, attore regista, inscena Venere e Adone di Shakespeare in un modo particolare: rifacendosi anche alle ambiguità del teatro elisabettiano, in cui i ruoli femminili erano recitati da ragazzi, si incarica di portare sulla scena egli stesso Venere con un Adone muto di giovanile prestanza. Di Ariela Stingi

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Valter Malosti nei panni del narratore e di Venere. Apprezzabile la scelta di non marcare troppo il trucco femminile, evitando, almeno in questo dettaglio, di scadere nel ridicolo e nel grottesco.

Adone per tutto lo spettacolo sarà una marionetta nelle mani di Venere; il suo cercare di opporsi alle soffocanti attenzioni della dea aumenterà solamente il delirio di quest’ultima.

Bellas Mariposas

Bellas Mariposas di Salvatore Mereu è un film che racchiude in sé una grande prova d’attore e di direzione degli attori. Di Enrico A. Pili

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Il regista Salvatore Mereu con Sara Podda e Maya Mulas. L’attore è, in un film come questo, l’elemento centrale. Un risultato straordinario come quello raggiunto da Bellas Mariposas è sempre frutto di un lungo periodo in cui attori e regista imparano a prendere confidenza l’uno dell’altro. Si tratta anche per il regista di avere un preciso disegno stilistico in testa (cosa non da pochi) e per quel regista di riuscire a mettere i propri attori sulla sua strada (cosa ancor più rara). Così si crea quella perfetta alchimia fatta di fiducia reciproca che permette all’attore, non necessariamente interessato ai problemi stilistici del regista, e alla regia, non totalitaria ma aperta a ciò che l’attore potrebbe fare di fronte alla macchina da presa, di fondersi stupendamente.

La lunga sequenza (circa due minuti) del molestatore è emblematica della regia del film come pensata da Mereu, che non solo ha impostato la lavorazione del film sull’ordine cronologico delle scene, ma anche sui long take (sequenze lunghe), momenti che permettono alle attrici, a cui viene quindi dato un grande margine di libertà, di gestire le battute a proprio piacimento.

Olimpiadi e cultura di massa

Le olimpiadi di Londra di quest’anno offrono molteplici spunti di riflessione. Non avendo lo spazio e il tempo necessario per comprenderli tutti in un discorso generale ci occuperemo di due problemi relativamente piccoli, due nodi della cerimonia di apertura che possono gettare una luce anche su alcune questioni generali. Di Enrico A. Pili

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La danza che coinvolge il gruppo degli uomini d’affari è molto particolare: da una parte, questi, sembrano guidare i lavori e sorvegliare gli operai, dall’altra sembrano lavorare essi stessi. È possibile che il regista volesse mantenere una certa ambiguità, facendo di loro dei luminari della scienza, degli sfruttatori e dei lavoratori insieme. Anche se, a differenza degli operai-ballerini che impugnano attrezzi veri e che lavorano in maniera alienata, gli uomini d’affari lavorano senza attrezzi. Sono un’altra categoria di lavoratori: lavoratori del pensiero, speculatori, non costruttori di oggetti ma costruttori della nazione.

La danza che coinvolge il gruppo degli uomini d’affari è molto particolare: da una parte, questi, sembrano guidare i lavori e sorvegliare gli operai, dall’altra sembrano lavorare essi stessi. È possibile che il regista volesse mantenere una certa ambiguità, facendo di loro dei luminari della scienza, degli sfruttatori e dei lavoratori insieme. Anche se, a differenza degli operai-ballerini che impugnano attrezzi veri e che lavorano in maniera alienata, gli uomini d’affari lavorano senza attrezzi. Sono un’altra categoria di lavoratori: lavoratori del pensiero, speculatori, non costruttori di oggetti ma costruttori della nazione.

Alla fine del capitolo della cerimonia dedicato alla cultura pop e ai social network appare Tim Berners-Lee, uno degli inventori della rete Web, che twitta in tempo reale il messaggio «This is for everyone», questo è per tutti, che appare sui led luminosi dello stadio. Il programma della cerimonia spiega che «la musica ci connette con gli altri e con i momenti più importanti della nostra vita. E una delle cose che rende queste connessioni possibili è il Web». Purtroppo più passa il tempo e più è chiaro che questo genere di connessioni via Web hanno pochissimo a che spartire con quelle “dal vivo”, che allo stato attuale della tecnologia non sono sostituibili con instant messaging e video-chats, che sono invece per molti, più o meno giovani, un ostacolo terribile alla costruzione di un rapporto critico e sereno con il mondo esterno alla rete.

Essere ottimisti è da criminali: ripensando Adorno.

Una certa attenzione al pensiero di Adorno, che non è mai mancata nel tempo ma che si è fatta più viva negli ultimi anni, sembra costituire un sintomo importante di quell’uscita dal postmoderno, strada ancora lunga peraltro, che sta avvenendo nella cultura “alta”. Un libretto in cui si raccoglie un dibattito televisivo su due opere di Beckett, messo in onda dalla televisione tedesca il 2 febbraio del 1968, e pubblicato recentemente, permette a Adorno di sintetizzare con grande efficacia il suo pensiero sull’opera di Beckett (per altro già espresso, se pure, ovviamente, in altro modo, in un saggio precedente) e, più in generale, su alcune sue posizioni di filosofia estetica. Di Gigi Livio

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Buone visioni da Locarno

Il Festival del film di Locarno (1-11 agosto 2012) anche quest’anno dedica grande spazio al cinema d’autore, e non delude. Il nostro Pardo va a un cortometraggio corrosivo, The Mass of Men di Gabriel Gauchet. Di Letizia Gatti

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Locarno. Una veduta di Piazza Grande durante una serata del festival. A volte il pubblico pagante è costretto a prendere posto per terra o in piedi, fatto spiacevole che naturalmente pregiudica in parte se non del tutto la visione dei film.


http://www.youtube.com/watch?v=tiJUqGDN7eE&feature=related
In questa breve scena, tratta dal film No (2012) di Pablo Larraín, René Saavedra (Gabriel García Bernal) mostra ai leader dell’opposizione politica cilena il video realizzato per la campagna referendaria per il “no”. Contro ogni speranza e aspettativa, lo spot, così simile a «una pubblicitá della Coca Cola», si rivelerà l’arma più forte in grado di fermare la «fabbrica del consenso» costruita dal regime.
The Mass of Men, cortometraggio di 16′ di Gabriel Gauchet (2012), UK. «Ispirato agli eventi che ruotano attorno alle rivolte di Londra del 2011 e al successivo discorso infamante tenuto dal Primo Ministro David Cameron, The Mass of Men offre uno sguardo duro sui pericoli della repressione, della disillusione e dell’apatia». Così si legge nel comunicato stampa del film, interpretato da un cast d’eccezione. Nella foto, uno dei momenti iniziali del cortometraggio, quando Peter Falkner (Richard) siede nella sala d’attesa dell’ufficio di collocamento aspettando di parlare con la consulente del lavoro.