Berlusconi, il postmoderno e l’immedesimazione

Lo scontro ‘concordato’ tra Santoro e Berlusconi permette di impostare un ragionamento sulle capacità -il nemico non va mai sottovalutato- di quest’ultimo sia dal punto di vista della comprensione del momento storico-culturale che stiamo vivendo sia da quello della politica spettacolo. Di Letizia Gatti e Gigi Livio

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Berlusconi e Santoro si sono dati la battuta:
B: «Santoro, siamo da lei o da Zelig?»
S: «Lei è molto più Zelig di me…»
Mentre i maggiori quotidiani di sinistra hanno criticato, a ragione, l’operazione massmediatica di Santoro, il chiacchiericcio del giorno dopo (in radio, sul web, in tv) ha sollevato inconsapevolmente una questione centrale del discorso politico postmoderno: la commistione tra divertimento e informazione. È ciò che oggi chiamiamo infotainment, e che è prima di tutto enterteinment e soltanto dopo, con effetti nefasti per quest’ultima, information(sempre che, naturalmente, si pretenda dall’informazione, come è giusto ma mai scontato che sia, anche la critica ai costumi presenti).



L’arena di Servizio pubblico mostra tutti i caratteri del discorso spettacolare: la scenografia, la posizione dei palchi, i gesti del conduttore, quelli del pubblico e dell’ospite protagonista. Qui va in scena uno spettacolo da corrida, dove il mattatore sfida il toro che non vuol darsi per vinto e, forte delle proprie doti, rischia anzi di vincere. A dichiararlo è persino la canzone di Claudio Villa, Granada, che apre la puntata.

Olimpiadi e cultura di massa

Le olimpiadi di Londra di quest’anno offrono molteplici spunti di riflessione. Non avendo lo spazio e il tempo necessario per comprenderli tutti in un discorso generale ci occuperemo di due problemi relativamente piccoli, due nodi della cerimonia di apertura che possono gettare una luce anche su alcune questioni generali. Di Enrico A. Pili

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La danza che coinvolge il gruppo degli uomini d’affari è molto particolare: da una parte, questi, sembrano guidare i lavori e sorvegliare gli operai, dall’altra sembrano lavorare essi stessi. È possibile che il regista volesse mantenere una certa ambiguità, facendo di loro dei luminari della scienza, degli sfruttatori e dei lavoratori insieme. Anche se, a differenza degli operai-ballerini che impugnano attrezzi veri e che lavorano in maniera alienata, gli uomini d’affari lavorano senza attrezzi. Sono un’altra categoria di lavoratori: lavoratori del pensiero, speculatori, non costruttori di oggetti ma costruttori della nazione.

La danza che coinvolge il gruppo degli uomini d’affari è molto particolare: da una parte, questi, sembrano guidare i lavori e sorvegliare gli operai, dall’altra sembrano lavorare essi stessi. È possibile che il regista volesse mantenere una certa ambiguità, facendo di loro dei luminari della scienza, degli sfruttatori e dei lavoratori insieme. Anche se, a differenza degli operai-ballerini che impugnano attrezzi veri e che lavorano in maniera alienata, gli uomini d’affari lavorano senza attrezzi. Sono un’altra categoria di lavoratori: lavoratori del pensiero, speculatori, non costruttori di oggetti ma costruttori della nazione.

Alla fine del capitolo della cerimonia dedicato alla cultura pop e ai social network appare Tim Berners-Lee, uno degli inventori della rete Web, che twitta in tempo reale il messaggio «This is for everyone», questo è per tutti, che appare sui led luminosi dello stadio. Il programma della cerimonia spiega che «la musica ci connette con gli altri e con i momenti più importanti della nostra vita. E una delle cose che rende queste connessioni possibili è il Web». Purtroppo più passa il tempo e più è chiaro che questo genere di connessioni via Web hanno pochissimo a che spartire con quelle “dal vivo”, che allo stato attuale della tecnologia non sono sostituibili con instant messaging e video-chats, che sono invece per molti, più o meno giovani, un ostacolo terribile alla costruzione di un rapporto critico e sereno con il mondo esterno alla rete.

Il filo del rasoio di Bruno Ganz

Bruno Ganz, grande attore dialettico, riesce a recitare la parte di un Hitler alla fine della propria vita rendendo con grande efficacia la contemporanea esistenza nel personaggio di una radice profondamente disumana e di un estremo residuo di umanità. Di Gigi Livio

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Cinematografo – da cui, abbreviato, “cinema” – è parola derivata dal greco e composta di “movimento” (chinema) e “descrivere” (grafo). Pertanto nessun fotogramma isolato può restituire il valore del movimento di cui è privato. Da questi due fotogrammi si può però desumere la straordinaria capacità di Bruno Ganz di usare lo sguardo nel recitare la parte di un Hitler ormai sconfitto e giunto alla fine della propria vita e della propria avventura politica e militare. È lo sguardo di una belva ferita a morte, ma pur sempre di una belva che, però, mantiene, essendo un uomo, un barlume di umanità. Una contraddizione in termini che l’attore riesce a rendere con estrema efficacia artistica.

Cinematografo – da cui, abbreviato, “cinema” – è parola derivata dal greco e composta di “movimento” (chinema) e “descrivere” (grafo). Pertanto nessun fotogramma isolato può restituire il valore del movimento di cui è privato. Da questi due fotogrammi si può però desumere la straordinaria capacità di Bruno Ganz di usare lo sguardo nel recitare la parte di un Hitler ormai sconfitto e giunto alla fine della propria vita e della propria avventura politica e militare. È lo sguardo di una belva ferita a morte, ma pur sempre di una belva che, però, mantiene, essendo un uomo, un barlume di umanità. Una contraddizione in termini che l’attore riesce a rendere con estrema efficacia artistica.

ΔxΔp ≥ ħ/2

Un teatrante che dallo schermo televisivo parla, tra le altre cose, di meccanica quantistica ci costringe a interrogarci sulle conseguenze della separazione tra cultura umanistica e scientifica.
Di Claudio Deiro

Marco Paolini nel corso del suo spettacolo Miserabili. Io e Margareth Thatcher in onda su LA7,
ha interrogato il pubblico sul Principio di indeterminazione di Heisenberg (che ha più formulazioni, tra cui
quella che costituisce il titolo dell’articolo) e sui principi della termodinamica. Nonostante si tratti
di nozioni basilari, la grande maggioranza del pubblico sembrava ignorarle completamente.

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Marco Paolini interroga il pubblico sul Principio di indeterminazione di Heisenberg, durante lo spettacolo Miserabili. Io e Margareth Thatcher andato in onda su LA7. L’ignoranza dimostrata dalla maggioranza del pubblico spinge a interrogarsi sulla distanza che separa moltissime persone dalle conoscenze scientifiche e ad affermare la necessità della riunificazione di cultura scientifica e umanistica.

Luttazzi, la satira e Ferrara.

Il recente licenziamento di Daniele Luttazzi dalla 7 è stato commentato da Giuliano Ferrara con una lettera a “la Repubblica”. Questo breve scritto intende confutare gli argomenti contenuti in quella lettera. Di Gigi Livio

Giuliano Ferrara commenta, con una lettera pubblicata su “la Repubblica”, il licenziamento di 
Daniele Luttazzi dalla 7 e la sospensione del suo programma Decameron. In due colonne di giornale 
svolge un ragionamento assai semplice: nella democrazia capitalistica la libertà di parola non 
esiste o esiste solo fino a un certo punto. Dire che tutto ciò è discutibile è dire poco: si tratta di un autentico
attacco alla libertà di satira così come è praticata da un attore comico che sa usare un tipo particolare
di comicità ‘fredda’ in modo estremamente interessante.


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Sarebbe troppo facile e superficiale leggere questa immagine soltanto come un’irrisione alla religione cristiana. Certo questo elemento è presente dal momento che Luttazzi non nasconde il fatto di non amare le religioni. Ma, più in profondo, c’è anche, e forse soprattutto, la rabbia per un mondo che ha smarrito il significato del sacro e che rende tutto merce anche attraverso la religione.

C.S.I.: un esempio del ritorno dell’“orroroso” nella nostra società.

Il telefilm statunitense C.S.I., con i suoi due spin-off, costituisce un spia molto evidente del riemergere di una tematica che, a partire dal Barocco, si è ciclicamente ripresentata – nel Seicento a livello artistico, e nell’ambito dell’intrattenimento televisivo oggi-: l’“orroroso”. Un tema che, abilmente adoperato dal potere, diviene ora uno strumento politico estremamente sottile e insidioso. Di Chiara Delmastro

Negli ultimi anni si è potuto assistere a un ampio riemergere della tematica dell’“orroroso” – in 
televisione, con fiction e programmi sul genere, al cinema e in letteratura – sostenuto da un cospicuo 
successo di pubblico; si tratta di un motivo che, pur se con sostanziali differenze, riaffiora 
periodicamente a partire dal Barocco sino a giungere a oggi, con telefilm sul modello dello statunitense C.S.I.

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La Medusa di Caravaggio: un esempio eccellente della rappresentazione delle inquietudini dell’uomo del Barocco, immerso in una realtà che non lo vedeva più come il centro del mondo; questa immagine dimostra come il “brutto” in arte possa essere al contempo molto “bello” e magneticamente inquietante.

Un particolare che mostra in modo molto evidente con quanta meticolosa cura gli ideatori delle serie di C.S.I. presentino anche i dettagli più “orrorosi”, senza nulla celare agli occhi dello spettatore, che può così appagare e placare ogni possibile istinto perverso: lo scopo del potere è quello di appiattire e normalizzare l’individuo, privandolo di ogni potenziale impulso eversivo.

Cochi e Renato

Uno spettacolo interessante e in controtendenza rispetto al solito clima televisivo. Cochi e Renato tornano con la loro comicità leggera e graffiante al tempo stesso. Di Gigi Livio
Cochi e Renato, riunitisi dopo una lunga separazione, tornano in televisione proponendo uno spettacolo di varietà tutto loro. Stiamo lavorando per noi si basa su una comicità solo apparentemente leggera ma che, al contrario, tocca temi profondi e, soprattutto, si contrappone a tanta comicità televisiva estremamente greve e piena di banalità. E’ anche questo un sintomo del ritorno del moderno, nella sue varie forme, che questa rivista cerca di indagare e mettere in luce con la chiara coscienza di star conducendo una battaglia che è certamente estetica ma che conosce anche ben precisi risvolti etici.

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La fotografia mostra un gesto tipico della coppia di attori. E’ un movimento della gamba stilizzato ed essenziale che intende parodiare i vari movimenti smodati dei comici e degli attori di varietà in genere, che usano il corpo in modo scomposto ed eccessivo. Questo modo di atteggiarsi, giustamente famoso, mostra in modo chiaro la poetica recitativa di Cochi e Renato che, attraverso la leggerezza, giungono a contrapporsi in modo netto e a contraddire tutto un mondo dello spettacolo.

Anche questa seconda fotografia mette in luce con una certa chiarezza un altro elemento della comicità particolare dei due attori. Renato, in piedi, detta qualcosa allo scolaro Cochi, con fare molto convinto, prendendosi decisamene sul serio. Altrettanto concentrato è Cochi, anche lui seriosissimo. Anche questa risulta una parodia di chi non sa esercitare il pensiero critico che, ovviamente, comprende l’autocritica come momento primario e fondante.

“Il caso” del Caso Scafroglia.

A distanza di quattro anni dall’ultimo, surreale quanto interessante esperimento televisivo del più brillante fra i fratelli Guzzanti, BUR ripropone il meglio della trasmissione Il caso Scafroglia, andata in onda per due mesi soltanto nell’autunno del 2002, pubblicando, unitamente a un libro che raccoglie gran parte dei testi del programma, due dvd che sintetizzano in 240 minuti i momenti salienti di un programma senza paragoni nel panorama televisivo attuale.
Di Chiara Delmastro

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Un primo piano di Corrado Guzzanti, ideatore e interprete del programma Il caso Scafroglia, che fa il verso all’impostato quanto becero conduttore anonimo della trasmissione, una graffiante parodia del bel conduttore superficiale di un programma d’attualità.

Un’immagine che rende molto bene il lucido “delirio a due” tra Corrado Guzzanti e Marco Marzocca, che nel programma è Padre Federico, ovvero un pretino moralista e retrivo che propina il suo “buon senso comune”, condito da abbondante buonismo, rivolgendosi ai giovani che hanno imboccato la via della perdizione… andando in discoteca.

Corrado Guzzanti nei panni del massone, uno dei personaggi creati per il programma; esilarante, ironico, e capace di raggiungere a tratti vertici di impietosa crudeltà, è sicuramente una delle figure di contorno meglio riuscite della trasmissione.

Luttazzi di nuovo a teatro: bollito misto con mostarda

Ovvero: “L’intrattenimento dà al pubblico ciò che vuole, l’arte dà al pubblico ciò che ancora non sa di volere” (D. Luttazzi). Di Gaia Russo Frattasi
Il nuovo spettacolo di Luttazzi in tournée italiana, ricetta agrodolce che coniuga le sue ottime doti attoriche ad un’ironia fulminante e dolorosa; una corsa a perdifiato nella “Casa degli Orrori” nazionali ed internazionali durante la quale, con la risata come unica consolazione, il comico non risparmia niente e nessuno, meno che mai se stesso.

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Luttazzi non veste i panni di un personaggio, ma porta in scena se stesso. La sua pirotecnica e irrefrenabile maratona verbale è resa ancor più pungente dalle espressioni stralunate del suo volto irregolare e clownesco.

In una sapiente orchestrazione di ritmi e di pause, in un’abile commistione di registri, Luttazzi sulla scena pare una marionetta mossa da fili invisibili: sebbene la mimica fisica sia poco sfruttata, l’attore è essenzialmente un corpo grottesco, denso di orifizi, protuberanze e deformità che lo pongono in comunicazione col mondo.