Topoi e banalità

Il cigno nero, diretto da Darren Aronofsky, è un collage di banalità e banalizzazioni, ultimo aggiornamento della tecnica hollywoodiana di produzione del consenso. Di Angela Bresci

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Vincent Cassel interpreta la parte di Thomas Leroy, direttore e coreografo della compagnia di balletto. Anche lui è un’accozzaglia di banalissimi stereotipi: è autoritario, ambizioso, europeo e spiccatamente omosessuale.

Una delle immagini della trasformazione finale della ballerina interpretata da Natalie Portman nel Cigno nero. In un momento così importante per il personaggio e per l’attrice, che di quel personaggio avrebbe potuto ora mostrare la folle deriva, la recitazione viene abbandonata in funzione dell’effetto speciale. Al volto di Natalie Portman non viene chiesto di fare o esprimere niente, anzi probabilmente viene consigliato di non disturbare l’effetto speciale (gli occhi “demoniaci”). La potenziale riflessione espressiva del volto dell’attrice viene sacrificata a vantaggio di un procedimento (l’effetto speciale) che, al posto di suggerire, assorda: gli occhi rossi sono l’ennesima didascalia mirata a dichiarare l’atmosfera “demoniaca” del momento e la vittoria del doppio “maligno”.

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