The Passion of the Christ di Mel Gibson

Il 7 di aprile 2004 è uscito anche nelle sale italiane The Passion of the Christ di Mel Gibson: un film che, nel suo fondamentalismo ideologico ed estetico, riflette in pieno l’attuale politica statunitense. Di Chiara Delmastro e Donatella Orecchia
Una pellicola che rappresenta in maniera ideale l’era di Bush e che si può analizzare sostanzialmente sotto tre profili; dapprima quello più strettamente filologico, poi quello dell’estetica cinematografica, i quali rimandano all’aspetto politico-ideologico dell’opera, quello che con più urgenza richiedeva di essere esaminato.
E forse il lato maggiormente inquietante del fenomeno è proprio questo, cioè che a molti, fra pubblico e critica, pare sia sfuggito il rozzo manicheismo che regge tutta la narrazione; sintomatico di un’epoca di crisi strutturale che investe la nostra società come tutto il mondo occidentale.

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Dopo la cruenta flagellazione il corpo di Gesù viene rappresentato come un pezzo di carne pesta e sanguinante a cui non resta più alcuna traccia di identità umana. La componente morbosamente ipernaturalistica del film, che intenderebbe svelare la verità del dolore, non è altro che la sua volgare e spudorata spettacolarizzazione.

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