Sono stato dio in Bosnia – Vita di un Mercenario di Erion Kadilli

L’ultimo documentario di Erion Kadilli dimostra ancora una volta l’importanza dello stile all’interno di una categoria audiovisiva (il documentario appunto) le cui scelte formali sono spesso sottovalutate. Di Enrico A. Pili

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Nel documentario di Erion Kadilli il rapporto tra suono e immagine è regolato da scelte stilistiche ben precise. Quando vengono mostrate le immagini dell’obitorio (fig.1), cioè la realtà della morte, il suono scompare. L’insistere della ripresa di Delle Fave sul cadavere, spogliata di ogni commento sonoro, perde il suo elemento di morbosità per divenire semplice processo di esibizione documentaristica della morte. Al contrario, quando il mercenario parla del bambino ucciso a Vincovci (fig.2), è l’immagine a sparire: il racconto epico e terribile del mercenario viene udito dallo spettatore senza alcuna immagine che lo sostenga. La “realtà storica” dell’evento, ormai compromessa dalla narrazione spettacolare di Delle Fave, viene recuperata eliminando ogni possibile immagine, quindi evitando ogni compromesso narrativo. Ci viene così ricordato che qualcuno, fuori dal racconto spettacolare, è morto davvero.

Nel documentario di Erion Kadilli il rapporto tra suono e immagine è regolato da scelte stilistiche ben precise. Quando vengono mostrate le immagini dell’obitorio (fig.1), cioè la realtà della morte, il suono scompare. L’insistere della ripresa di Delle Fave sul cadavere, spogliata di ogni commento sonoro, perde il suo elemento di morbosità per divenire semplice processo di esibizione documentaristica della morte. Al contrario, quando il mercenario parla del bambino ucciso a Vincovci (fig.2), è l’immagine a sparire: il racconto epico e terribile del mercenario viene udito dallo spettatore senza alcuna immagine che lo sostenga. La “realtà storica” dell’evento, ormai compromessa dalla narrazione spettacolare di Delle Fave, viene recuperata eliminando ogni possibile immagine, quindi evitando ogni compromesso narrativo. Ci viene così ricordato che qualcuno, fuori dal racconto spettacolare, è morto davvero.

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