Rileggendo Baudelaire.

Con queste pagine di Baudelaire proseguiamo la pratica di proporre periodicamente le opere di quegli artisti e quei pensatori che formano il nostro retroterra culturale, allo scopo di richiamare alla memoria, con gli esempi più alti dell’arte e del pensiero della tradizione, le radici di quella intricata “pianta” che è la coscienza della modernità.
Di Silvia Iracà

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Foto del 1856-1858 di Gaspard-Félix Tournachon, “Nadar” (1820-1910): «[…] aveva la belllezza grave di un cardinale delle Lettere officiante al cospetto dell’Ideale. Il suo volto [era] glabro e pallido; gli occhi [si muovevano] come soli neri, la bocca aveva una vita distinta nella vita e nell’espressione del volto, era sottile e fremente, di una fine vibrazione sotto l’archetto delle parole. E tutta la testa dominava dall’altezza di una torre l’attenzione attonita degli astanti» (Seché citato da W. Benjamin nei «Passages» di Parigi)

«Si passi in rassegna, si esamini tutto ciò che è naturale, tutte le azioni e i desideri del semplice uomo naturale e non si troverà altro che orrore. Tutto quanto è bello e nobile è il risultato della ragione e del calcolo. Il delitto, di cui la bestia umana ha appreso il gusto nel ventre della madre, è originariamente naturale. La virtù, al contrario, è artificiale e sovrannaturale, giacché sono stati necessari, in tutti i tempi e in tutti i popoli, divinità e profeti per insegnarla all’umanità imbestiata, e l’uomo da solo sarebbe stato impotente a scoprirla. Il male si fa senza sforzo, naturalmente, per fatalità; ma il bene è sempre il prodotto di un’arte» (C. Baudelaire, Scritti sull’arte, Elogio del trucco).

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