Nel cinquantenario della morte di Brecht. Alcune riflessioni sullo “straniamento”

Lo stranimento è un procedimento attraverso cui l’arte riflette su se stessa e sul mondo. Utilizzato fin dai tempi antichi, è stato teorizzato da Bertolt Brecht per ciò che riguarda la recitazione a partire dal 1936. Di Gigi Livio
Brecht è uno degli scrittori cardine del novecento. La sua opera poetica, la drammatica e la saggistica sono cadute oggi in una specie di oblio cui contribuiscono certamente le sue posizioni politiche.
Come sempre di questi tempi, ci troviamo di fronte a un fatto che coniuga rifiuto ideologico con superficialità. Riprendere l’insegnamento di Brecht oggi vuole anche dire -oltre a portare avanti una lotta più precisa contro l’estetica, imperante nella recitazione, in teatro nel cinema e alla televisione, dell’immedesimazione naturalistica- ritornare, in un momento di crisi del postmoderno, a abbeverarsi alle fonti più fertili della modernità.

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Il comico è di per sé un genere recitativo che favorisce lo straniamento. C’è però attore comico e attore comico: chi limita la sua comicità alla superficie e fa ridere il pubblico ricorrendo a “mezzucci” è assai poco straniato. L’attore comico che, invece, stravolge la realtà attraverso il grottesco non può non frequentare una qualche forma di straniamento. Ettore Petrolini (1884-1936), grandissimo e straordinario teatrante, propone sempre un determinato personaggio come da lui visto con occhio critico, crudele e distaccato. Questo è Gastone, protagonista della “macchietta” omonima, che risulta una feroce satira dell’attore superficiale e estetizzante così di quell’epoca come dei nostri giorni.

La maschera del Nerone petroliniano ci dice immediatamente quale carica parodia l’attore romano sapesse sviluppare nei confronti dei miti della romanità rivissuta in quegli anni in Italia prima nella letteratura, nel teatro e nel cinema e poi, con l’avvento del fascismo, nelle strade e nelle piazze.

Totò nella parte di Pinocchio (a sinistra Anna Magnani). Anche il comico napoletano utilizza lo straniamento in vari modi: la voce, innanzi tutto, ma anche la gestualità così particolare e disarticolata che gli permette di rimanere sempre al di fuori del personaggio che sta portando sulla scena e di proporlo in modo critico.

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