Into the Wild. Una riflessione critica

L’Asino vola ospita volentieri le riflessioni critiche di uno studente della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Torino su Into the Wild, il recente film di Sean Penn.
Di Enrico Pili

Il film Into The Wild di Sean Penn, recentemente uscito nelle nostre sale, è un’operazione patriottarda 
condotta attraverso uno stile che oscilla abilmente tra naturalismo e simbolismo. 
La reazione registrata dalle cronache e dai commenti sulle pagine della stampa italiana, commossa 
e favorevole quasi all’unanimità, porta a riflettere sul problema costituito da una critica incapace 
di analizzare e determinare il valore del prodotto culturale di fronte a cui si pone, giudicato secondo i 
criteri di un gusto che è il riflesso del pensiero dominante veicolato dall’industria culturale.

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Uno dei primi piani in cui il protagonista (Emilie Hirsch) invita lo spettatore a commuoversi con lui. Il trucco naturalistico mostra come il personaggio suoni immediatamente falso, costruito com’è secondo i bisogni dello spettatore, che va rassicurato: la barba deve dare l’idea di una situazione di vita “selvaggia”, ma è troppo curata, il viso è troppo pulito, e i denti sono bianchissimi.

Una scena di comunione con la Natura, in cui il protagonista “abbraccia” con gioiosa gratitudine il creato.

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