Concerti di massa e critica “debole”

Una breve riflessione sul debolismo della critica a partire da una considerazione sul carattere falsamente artistico dei prodotti musicali attuali. Di Letizia Gatti
I concerti-evento svoltisi in occasione di grandi manifestazioni di massa come il No B day e il concerto del Primo Maggio a Roma, solo per citare i casi italiani più recenti, sono esempi paradigmatici di come critica e pubblico attribuiscano alle opere di alcuni autori un presunto e inesistente valore artistico, segnale allarmante di una critica assente a se stessa, incapace di distinguere un’opera d’arte da un’opera in cui contraddizione e trasformazione sono invece solo apparenti.

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I concerti-live raccolgono la partecipazione di un numero imponente di persone, specialmente per eventi e manifestazioni d’eccezione. Qui sopra un’immagine scattata a Roma durante il concerto del Primo Maggio, in occasione della festa nazionale dei lavoratori. Tra le varie performances susseguitesi sul palco, quella di Vasco Rossi ha suscitato grande coinvolgimento emotivo e immedesimazione di pubblico: la sua canzone Il mondo che vorrei è un esempio significativo di quei prodotti falsamente artistici a cui vengono attribuiti invece importanti meriti di critica dall’ideologia dominante. Il testo è il lamento di superficie del tipico autore popolare che raccoglie il consenso e l’ovazione del pubblico di massa. Parole e musica di estrema banalità, perfettamente plasmate sul gusto medio, che nell’esprimere un rifiuto nei confronti dell’esistente – e quindi implicitamente del potere politico attuale – dicono di una sostanziale adesione ai valori della classe dominante. È il tipico atteggiamento conformista dell’anticonformista, moralistico e moraleggiante, ipocrita e inautentico; l’atteggiamento di chi ha bisogno di chiamarsi fuori da ciò che critica per sentirsi nella parte del giusto. E quel giudice che riempe l’aria col suo chiacchiericcio disprezzante e compiaciuto, per dirla con Welles-Pasolini, è l’uomo medio, un mostro.

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