L’attacco all’Università pubblica

E’ in discussione nelle aule parlamentari il Disegno di Legge delega sul riordino dello stato giuridico dei docenti universitari. Un vero e proprio attacco all’Università pubblica intesa come sede dell’alta formazione e della ricerca. Di Armando Petrini

C’è qualcosa di perfettamente coerente nel progetto di riforma dell’Università preparato dal Ministro Moratti che delinea una progressiva subordinazione degli Atenei alla logica della competitività e del mercato.

Coerente non soltanto con la politica complessiva del governo di cui il Ministro fa parte, che non ha perso occasione per ribadire la centralità della logica dell’impresa e delle ragioni dell’individualismo proprietario a discapito della logica della cosa pubblica e di un sentimento dell’individuo sociale.

Ma coerente anche con la serie di sedicenti riforme dell’Università che, da un decennio a questa parte, ne hanno progressivamente mutato la fisionomia e fiaccato la capacità di sedimentare e di veicolare un pensiero critico.

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Incanto e scacco in Giacometti

La Loggetta Lombardesca di Ravenna ospita, fino al 15 febbraio, una mostra dedicata ad Alberto Giacometti: sono esposte su tre piani preziose opere del grande maestro svizzero, dalle sculture del ‘periodo surrealista’ a disegni, litografie, tele, per concludere con un bellissimo Homme qui marche. Di Maria Pia Petrini
Una ricerca che si spinge ben oltre le apparenze; matita, pennello e mani riducono e sottraggono, dischiudendoci un luogo dove ogni nostra certezza si scopre infondata.
 
Una vita spesa a “mordere” la realtà per comprenderla, con l’ossessione di non vedere mai abbastanza, con lo strazio di doversi fermare all’incanto di un solo attimo.
 
Un insegnamento prezioso, che ci svela la bellezza di spendersi per la comprensione, in un mondo che impone, invece, di vendere se stessi.

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Project pour un livre V, 1951. Matita litografica su carta (mm395x295). La capacità di vedere è anche quella di saper togliere: i pochi tratti di matita attraversano e sgretolano l’immagine di un uomo che si volta stupito, per cogliere l’attimo e l’abisso della sua insicurezza.

Femme égorgée, 1932 (1940). Bronzo (cm 23,2×89). Il nostro sguardo resta “disorientato” e “perduto” alla vista di opere come Donna sgozzata, in cui vita e morte sono compresenti in un corpo ancora in tensione nonostante la letale ferita.

Homme qui marche I, 1960. Bronzo (cm 183x26x95,5). Una sottile e fragile figura che avanza protesa e trattenuta nel vuoto: un’esile sagoma abbozzata e senza tempo, che si fa movimento portando con sé l’eco di un passato antico, di un’assenza incolmabile eppure presente e volta al futuro.

L’ostinata lotta di Buster

Si torna oggi a parlare e a vedere i film di Keaton. Comico fra i più grandi e insuperati della storia del cinema, ha rivoluzionato il linguaggio artistico del suo tempo: con lucidità e un tocco di grazia.Di Donatella Orecchia

Quello sguardo sbigottito, carico di malinconica estraneità e quella tensione ostinata e irriducibile alle regole del mondo che lo circonda sono il suo modo di guardare all’America degli anni ’20 e le trasformazioni di una società sempre più industrializzata, massificata ma proprio piena di contraddizioni.
 
Con uno stile particolarissimo: astratto, antipsicologico, antinarrativo, antidrammatico, straniato, prosciugato da ogni umore sentimentale, essenziale e, paradossalmente, anticomico. Senza tentazioni consolatorie. Senza un sorriso. Così Keaton ha detto e continua oggi a dire che l’arte (come forma di conoscenza) può far saltare i codici, che l’ideologia dominante vorrebbe naturali, con cui si guarda la realtà.

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Primo piano di Buster Keaton: lo sguardo attonito di chi guarda un mondo alla cui ferrea e brutale logica resta estraneo, senza un sorriso, senza un cenno di confidenza ammiccante con lo spettatore. ‘Quando un comico comincia a ridere sullo schermo è come se dicesse al pubblico di non prenderlo sul serio, che il tutto non è che uno scherzo’ (B. Keaton).

Sherlock Jr., 1924. Buster Keaton fissa con sguardo interdetto il ferri del mestiere e i generi della tradizione cinematografica che la sua opera mette continuamente in discussione.

Go West, 1925. Friendless, protagonista solitario (di nome e di fatto) della pellicola, qui in una caratteristica inquadratura dei film di Keaton: ripresa frontale, campo lungo, spazio dalla linearità geometrica, figura intera, stilizzata, che ha tutta l’astrazione di un disegno.