Quella bile nera, fatta di lacrime e rebetiko

Viaggio nell’inferno degli ultimi, dove nella penombra delle taverne greche si consuma ciò che resta di autentico della vita, suonando, cantando, ascoltando una musica ribelle e antica. Riflessioni su una trilogia di malinconica bellezza, raccontata da un viandante d’eccezione, Vinicio Capossela. Di Letizia Gatti

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Scrive Andrea Segre, a proposito del film documentario Indebito, girato nel giugno 2012 insieme con Vinicio Capossela e proiettato in una settantina di sale italiane il 3 dicembre 2013: “Il rebetiko è musica nata dalla disperazione di un’antica crisi (la fuga da Smirne) ed è una delle musiche che hanno costruito l’identità moderna della Grecia, trasportando con sé il dolore dell’esilio e la ribellione alle violenze della storia. È una musica contro il potere, non autorizzata, indebita. I rebetes sono portatori di questa identità, di cui oggi celebrano un funerale pieno di sconfitta, disperata ribellione e silenziosa speranza. I loro concerti e le loro parole riempiono le taverne notturne di Atene e Salonicco, sfiorano le scritte sui muri, ascoltano il mare dei porti e incontrano il cammino di Vinicio Capossela, musicista e viandante che intreccia le sue note con i pensieri del suo diario di viaggio, il tefteri.”
Nell’immagine, un fotogramma tratto dal trailer del film (http://www.youtube.com/watch?v=SO7k_hgmhSM)
Nell’immagine, la copertina dell’album Rebetiko Gymnastas, illustrato dal disegnatore francese David Prudhomme, autore della graphic novel Rebetiko. L’erba cattiva (Coconino Press). L’album contiene quattro brani inediti, una ghost-track e otto canzoni note reinterpretate in chiave rebetika. “I porti sono per le musiche quello che è il polline per i fiori”, chiarisce Capossela. “Questo è un disco di musiche di porto che praticano esercizi, indiscipline individuali”. Viene pubblicato nel 2012, l’anno delle Olimpiadi, “Per ricordarci che siamo originali: che abbiamo un origine. Che siamo uomini, non solo consumatori e non abbiamo paura di consumare la vita”.

I vecchi e i giovani nell’epoca postmoderna

Le mutate condizioni antropologiche, e dunque anche sociali e spirituali, dell’uomo nell’epoca della società postmoderna che è anche quella della “mutazione antropologica”, constatata e prevista insieme da Pasolini, pretendono che il rapporto vecchi-giovani venga letto e indagato in modi nuovi e inediti confronto a quelli seguiti in passato. Di Gigi Livio

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Performance art: The artist is present

L’articolo intende sottolineare l’importanza della performance nelle arti visive e dello spettacolo contemporanee. L’uscita di un film-documentario su Marina Abramović, The artist is present, permettere di mettere a fuoco la personalità artistica della performer forse oggi più importante. Di Federica Milano

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Gli spettatori-partecipanti della performance Rhythm 0, presentata a Napoli nel 1974, mentre scelgono dal tavolo alcuni fra i 73 oggetti, messi a disposizione dall’artista, per arrecare piacere o dolore. Nel secondo fotogramma, il momento in cui i membri più audaci fra il pubblico iniziano a spogliare Marina Abramović, assolutamente passiva e distaccata, nonostante quello che sta accadendo.

Gli spettatori-partecipanti della performance Rhythm 0, presentata a Napoli nel 1974, mentre scelgono dal tavolo alcuni fra i 73 oggetti, messi a disposizione dall’artista, per arrecare piacere o dolore. Nel secondo fotogramma, il momento in cui i membri più audaci fra il pubblico iniziano a spogliare Marina Abramović, assolutamente passiva e distaccata, nonostante quello che sta accadendo.

Marina Abramović in Lips of Thomas, distesa sulla croce di ghiaccio con il calorifero puntato sulla stella a cinque punte incisa sul ventre, perché continui a sanguinare nonostante l’abbassamento della temperatura corporea. Quando il congelamento parrà agli spettatori un rischio concreto, essi interverranno concludendo la performance e mettendo in salvo con la forza l’artista.

Marina Abramović durante la performance The artist is present. Davanti a lei siede Ulay (Frank Uwe Laysiepen), compagno nella vita e nel lavoro fra il 1976 e il 1989. La relazione fra i due finì con la performance The Lovers, nella quale percorsero la Muraglia Cinese in solitaria, partendo dai due estremi opposti (lui dal deserto del Gobi e lei dal Mar Giallo), per incontrarsi dopo 2.500 km a metà del percorso, abbracciarsi e dirsi addio.

La pacchia è finita! Ripensare all’ozio per non morire di lavoro

Nel tempo dell’ozio coatto, cioè della disoccupazione galoppante, ripensare all’otium come diritto fondamentale significa, paradossalmente, restituire al lavoro la dignità che gli viene ogni giorno negata. Di Letizia Gatti

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Otto Dix, Groβstadt (Metropolis), 1927-28, Kunstmuseum Stuttgart, Stuttgart.
Nell’Elogio dell’ozio (1935), Bertrand Russell osserva come in una società afflitta da una laboriosità nevrotica e alienata il tempo libero genera noia, vuoto, depressione: “L’uomo moderno pensa che tutto deve essere fatto in vista di qualcos’altro e non come fine a se stesso”, a tal punto che anche i piaceri diventano l’altra faccia della stessa isteria collettiva. Poiché l’ozio è “un prodotto della civiltà e dell’educazione”, all’istruzione spetta il compito di “raffinare il gusto in modo che un uomo possa sfruttare con intelligenza il proprio tempo libero”, riscoprendo una ricercata joie de vivre.
Blu, Senza titolo, 2008, Berlino.
Con verve polemica ma limpidissima, nel Diritto all’ozio (1880) Paul Lafargue spiegava “la legge inesorabile della produzione capitalistica”, con parole che colpiscono per la loro straordinaria attualità: “Poiché, prestando orecchio alle parole menzognere degli economisti, i proletari si sono dati anima e corpo al vizio del lavoro, essi precipitano l’intera società in quelle crisi industriali di sovraproduzione che sconvolgono l’organismo sociale. Allora, dal momento che vi è pletora di merci e penuria di acquirenti, le officine chiudono e la fame sferza la popolazione operaia con la sua frusta dalle mille code. I proletari, abbrutiti dal dogma del lavoro, non comprendono che il superlavoro che si sono inflitti nel periodo di pretesa prosperità è la causa della loro miseria attuale. […] Anziché approfittare dei momenti di crisi per una distribuzione generale dei prodotti e per un godimento universale, gli operai, morti di fame, vanno a sbattere la testa ai cancelli dell’officina. […] E questi miserabili, che hanno appena la forza di tenersi in piedi, vendono dodici o quattordici ore di lavoro a un prezzo due volte inferiore di quando avevano del pane nella credenza. E i filantropi dell’industria eccoli approfittare della disoccupazione per fabbricare ancora a miglior mercato. Se le crisi industriali fanno fatalmente seguito ai periodi di superlavoro come la notte segue il giorno, portando con sé la disoccupazione forzata e la miseria senza speranza, producono anche la inesorabile bancarotta. […] Ma prima di arrivare a questa conclusione, i fabbricanti percorrono il mondo in cerca di sbocchi per le merci che si ammassano; costringono il loro governo ad annettersi i Congo, a impadronirsi dei Tonkino, a demolire a colpi di cannone le muraglie della Cina, per smerciarvi le loro cotonate. […] I capitali abbondano come le merci. I finanzieri non sanno più dove piazzarli; vanno allora dalle nazioni felici che se la spassano al sole fumando sigarette, a impiantarvi ferrovie, a erigere fabbriche, a importare la maledizione del lavoro”.



Moocs

moocs, corsi “massivi”, aperti, online, hanno raggiunto il grande pubblico e possono forse rappresentare l’occasione per ripensare il sistema dell’istruzione di massa. Di Claudio Deiro

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Il prof. Dan Boneh, Stanford University, durante la RSA Conference US 2013, parla anche della sua esperienza come docente di moocs. Video disponibile, in inglese, su YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=eKhudJCGoJc.

Un fotogramma del corso Etherogeneus Parallel Programming del prof. Wen-Mei Hwu, University of Illinois at Urbana Champaigne, su Coursera. In questa piattaforma i corsi hanno una data di inizio precisa e tempi di svolgimento determinati. Inoltre il personale docente è attivamente presente durante lo svolgimento del corso per rispondere alle domande degli studenti sul forum ed eventualmente adattare il percorso didattico a esigenze e interessi espressi dagli studenti.

Un quiz parte del corso Debugging del prof. Andreas Zeller, Saarland University, su Udacity. Qui è possibile iniziare il corso quando si vuole e seguirlo secondo le proprie esigenze, ma la presenza del personale docente è minore o inesistente.

Grillo e il politicamente corretto.

Come all’alba dell’egemonia postmodernista esisteva già L’allegoria del moderno di Romano Luperini, anche oggi, all’alba dell’inferenza concreta del grillismo nello Stato centrale, esistono analisi esaustive di ciò che appare a oggi il Movimento 5 Stelle (assolutamente da leggere la concisa analisi a firma del collettivo Wu Ming apparsa su Il Manifesto del primo marzo e recuperabile qui). Per queste ragioni proverò a non soffermarmi su argomenti già trattati altrove. Di Enrico A. Pili

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Plastinazione: tra spettacolo macabro e pretese didattiche.

La mostra The Human Body, attualmente allestita al palaolimpico di Torino, mostra come oggi più di ieri il positivismo è la maschera dietro cui il capitalismo nasconde i propri affari. Di Enrico A. Pili

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Il testimonial Alessandro Cecchi Paone posa con un cadavere plastinato. Il vivo ha dichiarato che c’è poco da polemizzare, visto che anche ai tempi di Aristotele si studiavano i corpi dei morti. Crediamo che il paragone avrebbe dovuto tener conto della differenza culturale abissale tra i greci del quarto secolo avanti Cristo e gli occidentali del ventunesimo dopo Cristo per evitare di suonare tanto ingenuo.

Il teschio esposto in vari punti della città per sponsorizzare la mostra. Nonostante la mostra non abbia ricevuto l’appoggio dei docenti di anatomia di Torino, ha ricevuto l’appoggio di Regione, Provincia e Comune. L’assessore del PDL Michele Coppola afferma infatti: «A nostro giudizio il valore divulgativo dell’esposizione è altissimo e merita un plauso».