Breve riflessione, nel cinquantenario della morte di Coppi, sul sogno che può scatenare un campione sportivo eccezionale

Prendendo spunto dall’anniversario della morte di Fausto Coppi, il “Campionissimo”, si riflette,
se pure brevemente, sull’influenza che ha lo sviluppo tecnico dei mezzi di comunicazione 
di massa sui nostri sogni.
 Di Gigi Livio

Leopardi pone l’indefinito alla base del sogno che dà piacere poiché risveglia in noi lontani ricordi
di sogni analoghi della nostra infanzia. Lo sviluppo tecnico dei mezzi di comunicazione di massa porta
alla riduzione, fin quasi all’annullamento, del margine di indefinito che un tempo era prerogativa
delle imprese sportive compiute da atleti eccezionali come Fausto Coppi e che favoriva, appunto, il sogno.

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Lo stile di Coppi era, ed è, ineguagliabile: nello scalare le montagne, spesso ancora su strade sterrate – come quella che si vede in questa famosissima fotografia che lo ritrae sul Col du Tourmalet durante il Tour de France del 1949-, non si scomponeva mai ma procedeva, implacabilmente staccando gli inseguitori a ogni pedalata, composto ed elegantissimo pur nel momento della massima fatica come si vede in questa immagine. Certamente il suo stile era tanto più “mitico” in quanto veniva raccontato da chi aveva il privilegio di seguirlo in automobile o di correre con lui: il normale appassionato poteva al massimo appostarsi su un tornante della salita per vedere un piccolo frammento della corsa. I pochi documenti filmati – spesso le condizioni meteorologiche erano avverse alla ripresa cinematografica ma non al Campionissimo che proprio in quelle sfavorevoli situazioni dava il meglio di sé – documentano questo stile inarrivabile, se pure frammentariamente. E questo stile, mille volte esaltato dalla stampa dell’epoca, poteva far sognare che un atleta e uomo eccezionale avesse finalmente realizzato una utopia che affonda le sue origini nell’abisso del tempo, quella della “fatica senza fatica”.

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