Da una conversazione con Unoetrino, un’occasione per parlare di un nuovo esempio di teatro di contraddizione, a testimoniare il fatto che l’arte non è intrattenimento e appagamento dei sensi.
Di Maria Vittoria Muzzupapa
In queste poche righe, si cerca di affrontare parte della poetica di Unoetrino analizzando la loro ultima rappresentazione, SalomèémolaS (avvenuta l’8 marzo alla Sala Espace di Torino, in occasione della rassegna “Rigenerazione”).
In modo particolare abbiamo osservato il linguaggio della scena, il lavoro compiuto sull’attore e su quello che possiamo
definire testo drammaturgico.
Su queste due componenti, infatti, Unoetrino opera un complesso lavoro di analisi e di interpretazione, discostandosi dal
teatro spettacolare oggi prevalente. Obiettivo principale non è accattivarsi lo spettatore, ma provocarlo, non solo mostrandogli
un attore castrato nella sua principale funzione, che è quella di comunicare, ma anche sventrando e reinterpretando un
celebre testo teatrale (operazione ormai ritenuta impensabile e profana da molti) come la Salomè di Wilde.