In ricordo di Leo ripropongo un mio articolo del 1983, ripubblicato in volume l’anno dopo. Leo compare qui come uno di quei teatranti, e furono assai pochi, che affrontarono, nel momento della polemica sul (e all’interno del) teatro di contraddizione alla svolta degli anni ottanta, il problema dell’avanguardia nel modo più rigoroso unito a un’espressione artistica eccezionale.
Di Gigi Livio
Lo scritto che qui si ristampa è di venticinque anni fa e Leo compare come protagonista d’eccezione del teatro di contraddizione e cioè del teatro dei nostri tempi. In The connection troviamo proprio tutto: il grottesco del sublime, l’utopica tensione verso un “fare” che non sia immediatamente compromesso col mercato (in questo periodo Carmelo Bene perseguiva ormai da tempo l’erezione di un monumento a se stesso sotto forma neoclassica), il riappropriarsi della morte come unica possibilità di vivere una vita che, attraverso la coscienza della propria inautenticità, recuperi dalla palude in cui siamo immersi l’unica forma di (residua e miserabilmente residuale) autenticità. Il tutto reso in un linguaggio di scena mirabile tanto per eccezionalità attorica quanto per formidabile elaborazione registica; là dove vibra ancora il riflesso profondo del lungo sodalizio con Perla. |