Egocentrismo, megalomania e recitazione secondo Klaus Kinski

In occasione della retrospettiva dedicata al cinema di Werner Herzog, attualmente in programmazione al Museo nazionale del cinema di Torino, l’Asino vola ospita volentieri l’intervento di uno studente della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Torino, che riflette sull’arte dell’attore-icona del cineasta tedesco. Di Luca Giglio

“Io non sono il Gesù della chiesa ufficiale, tollerato da polizia, banchieri, giudici, boia, militari, capi
della chiesa, politici e altri uomini di potere, io non sono la vostra superstar”. 
Con queste parole Klaus Günther Nakszynsky, in arte Klaus Kinski, terminava in anticipo nel 1971, 
tra insulti e fischi del pubblico, la tournée teatrale di un Gesù Cristo atipico intitolata Jesus Christus 
Erloser
 dove, con un’originalissima fusione tra Nuovo Testamento e improvvisazione nervosa, spedì 
all’inferno chiesa e preti. Oggi un attore di questo calibro è difficile da scovare anche nei più 
sperimentali teatri o set cinematografici; sì perché di Kinski ce n’è stato uno solo, forse l’ultimo grande
caratterista del secolo passato.

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Klaus Kinski e Werner Herzog sul set di Cobra verde.


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