L’era dei giganti dai piedi d’argilla

Dalla Rete alla finanza, dall’alta tecnologia all’industria manifatturiera, un’ondata di gigantismo attraversa la nostra economia. Di Claudio Deiro

A partire dallo stimolante articolo Face to face (book) di Letizia Gatti una riflessione su di un diverso aspetto del problema.
new media infatti, grazie alle loro caratteristiche che non impongono costi di replicazione né vincoli territoriali,
evidenziano la patologica tendenza al gigantismo che investe il sistema economico nell’era tardocapitalistica, tendenza 
iniziata nel mondo reale con l’affermazione dei monopoli di fatto di Microsoft e Intel, e affermatasi con la globalizzazione
e il “progresso” tecnologico.

Mentre ciò viene oggi spesso spacciato come salvifica via d’uscita dall’attuale crisi economica, le prospettive che apre sono inquietanti. Infatti si prefigura uno scenario di aziende di dimensioni tali da renderne insopportabile la perdita, spesso
con conoscenze non replicabili, ma non per questo più solide e efficienti, come dimostrano gli accadimenti dell’ultimo periodo.

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Face to face (book)

Un’indagine critica sulle logiche culturali di Facebook e sul totalitarismo mediatico dei nuovi strumenti di comunicazione di massa. Di Letizia Gatti
Con più di trecento milioni di iscritti e una plurimiliardaria quotazione in borsa, Facebook è il sito di social networking più popolare del momento. Il suo successo ci induce a riflettere con urgenza sul carattere falsamente democratico e libertario dei new media, ultime frontiere del tardocapitalismo moderno.

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Due pagine sul Futurismo di Mario De Micheli

Riprendiamo il discorso che abbiamo aperto nel mese di marzo con l’articolo Futurismo, nel centenario del Manifesto di fondazione di quel movimento, proponendo alcune pagine di Mario De Micheli da Le avanguardie artistiche del Novecento. Di Maria Pia Petrini

Mario De Micheli, nel suo testo dedicato alle avanguardie artistiche del Novecento, dedica un capitolo 
alle “Contraddizioni del Futurismo”, offrendoci un interessante punto di vista sul movimento e in particolare
sugli aspetti della pittura futurista: ne coglie la modernità, pur non tralasciando di sottolinearne gli aspetti
retrivi e tenendo sempre presente la condizione storica in cui è sorto. Identifica poi in Boccioni un artista 
moderno, che porta in sé e nella sua opera le contraddizioni del proprio tempo. 
Un artista d’avanguardia che rifugge il frammentismo impressionista, e dunque lo psicologismo del dato 
particolare, nel tentativo di avvicinarsi a una comprensione dolorosa del “dramma universo”.

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Materia, 1912 Olio su tela, 225X150 cm

Un quadro in cui la prospettiva classica è completamente ribaltata ed è annullato il rapporto tra sfondo e figura attraverso la loro compenetrazione. Boccioni, nel Manifesto della pittura futurista di cui è l’unico firmatario, afferma che “il ritratto, per essere un’opera d’arte, non può né deve assomigliare al suo modello, e che il pittore ha in sé i paesaggi che vuol produrre. … Per dipingere una figura non bisogna farla; bisogna farne l’atmosfera. … Le sedici persone che avete di fronte a voi in un tram che corre, sono una, dieci, quattro, tre: stanno ferme e si muovono, vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale…”.
Forme uniche della continuità nello spazio, 1913 Bronzo, 126X89X40 cm

In questa scultura la compenetrazione di figura e spazio è resa evidente proprio dall’assenza di distinzione tra fattezze anatomiche e linee di movimento: una figura che si fa movimento. Risulta allora evidente la piena e dolorosa comprensione di un mondo in cui “tutto si muove, tutto corre, tutto volge al rapido”, in cui “una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente” e in cui “le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono”. La tragedia dell’uomo moderno sta anche nel fatto che il suo dolore è interessante “quanto quello di una lampada elettrica, che spasima, e grida con le più strazianti espressioni di dolore”.



Il ritorno all’ordine e il concetto di ‘teatro’

Oggi l’affermare posizioni critiche ormai superate fa parte del clima di ritorno all’ordine che ammorba la cultura italiana tutta. Di Gigi Livio
Un articolo di Carlo Ossola, docente universitario e critico letterario, uscito sul supplemento domenicale del “Sole 24 ore”,
offre lo spunto per affrontare il problema del ritorno all’ordine di tanti intellettuali arresi al potere che contribuiscono,
anche con la loro ignoranza, ma certo con molta burbanzosità, al decadimento culturale del paese.

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Futurismo

Il centenario della pubblicazione del Manifesto di fondazione del futurismo (20 febbraio 1909) 
ha offerto lo spunto a una serie di celebrazioni. Sembra necessario, in questa occasione, iniziare a porre alcuni punti di discussione sul problema.
 Di Gigi Livio
Il centenario del futurismo viene celebrato in vari luoghi con articoli e mostre. Ma quale può essere oggi
l’interesse per quel movimento che vada al di là dell’uso che ne fa l’industria culturale?
Il futurismo italiano risulta ancora un problema da approfondire al di là delle varie mode dei vari momenti
storici. L’occasione è dunque opportuna per poter porre alcuni interrogativi su quel movimento e sul problema dell’avanguardia, oggi assai vivo proprio perché volutamene accantonato dal pensiero postmoderno.

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La prima delle due illustrazioni è la fotografia di una scultura di Umberto Boccioni dal titolo Sviluppo di una bottiglia nello spazio (1912) e la seconda una riproduzione della prima pagina di Zang tumb tuuum Adrianopoli ottobre 1912 parole in libertà di Filippo Tommaso Marinetti, pubblicato dalle Edizioni futuriste di “Poesia”, nel 1914. Le due illustrazioni, pur riproducendo opere che appartengono a generi artistici diversi e che risultano di valore artistico non certo uguale, mostrano però la volontà comune dello scultore e dello scrittore di cercare di esprimere attraverso nuove forme le esigenze di quegli artisti che intendono abbandonare un passato ormai stanco e sfibrato e aprirsi nei loro lavori alla novità dell’epoca storica in cui si realizzano.

La prima delle due illustrazioni è la fotografia di una scultura di Umberto Boccioni dal titolo Sviluppo di una bottiglia nello spazio (1912) e la seconda una riproduzione della prima pagina di Zang tumb tuuum Adrianopoli ottobre 1912 parole in libertà di Filippo Tommaso Marinetti, pubblicato dalle Edizioni futuriste di “Poesia”, nel 1914. Le due illustrazioni, pur riproducendo opere che appartengono a generi artistici diversi e che risultano di valore artistico non certo uguale, mostrano però la volontà comune dello scultore e dello scrittore di cercare di esprimere attraverso nuove forme le esigenze di quegli artisti che intendono abbandonare un passato ormai stanco e sfibrato e aprirsi nei loro lavori alla novità dell’epoca storica in cui si realizzano.

Il futurismo di Majakovskij

Nel centenario della nascita del futurismo, vale la pena soffermarsi su uno scritto di Majakovskij che evidenzia alcuni aspetti della diversità fra il futurismo italiano e quello russo. Di Armando Petrini
In occasione del centenario del futurismo vorremmo richiamare l’attenzione sul futurismo russo, e sulla
figura di Majakovskij in particolare. Spesso dimenticato, e poco tenuto in conto nella valutazione
del fenomeno nel suo complesso, il movimento che nasce in Russia, pur mantenendo diversi punti di
contatto con il percorso di Marinetti (soprattutto sul piano della ricerca formale), rivela anche decisivi
elementi di diversità.

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Vladimir Vladimirovič Majakovskij (Bagdadi, Georgia, 7 luglio 1893 – Mosca, 14 aprile 1930)

Vladimir Vladimirovič Majakovskij (Bagdadi, Georgia, 7 luglio 1893 – Mosca, 14 aprile 1930)

Lucien Freud

Una riflessione sulla pittura del maestro inglese. Di Maria Pia Petrini

Attraverso una ricerca in profondità, Lucien Freud porta sulla superficie della tela la stratificazione
di cui è fatta la vita: una pittura sulla quale l’occhio è costretto a fermarsi e vedere una vita scabra,
ruvida, impervia, che porta i segni del suo disfacimento.

Corpi privi di tensione ma che accolgono la lotta, “campi di battaglia” che stanno lì a dirci quanto
il cammino dell’uomo sia un tentativo di far luce nell’oscurità che l’avvolge. Il loro realismo non sta 
nell’efficace riproduzione delle fattezze, quanto nel disvelamento dell’animo umano.

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Freddie Standing, 2001, olio su tela, 248,9X172,7 cm 

Un’opera che ha qualcosa di monumentale nonostante – e in contraddizione – con quello che può apparire l’atteggiamento “dimesso” della figura. Si tratta di un corpo assolutamente umano, che nulla conserva dell’eroe del mondo classico né nella posa né nello sguardo, eppure una sorta di eroismo lo caratterizza. Un coraggio, tutto umano, concreto, terrigno è dipinto nel corpo solcato dalle pennellate che lo costruiscono e al contempo ne sottolineano il disfacimento

A Charlie Parker di Leo De Berardinis e Perla Peragallo. Una riflessione a margine

Di Donatella Orecchia

Il 7 maggio 2008 a Bologna si è svolta una giornata dedicata a Leo De Berardinis, a cura di Claudio 
Meldolesi e Angela Malfitano. All’interno di un fitto programma, in cui sono stati coinvolti come testimoni 
attori, collaboratori e studiosi che hanno conosciuto da vicino il lavoro di questo artista, è stato proiettato 
il film A Charlie Parker (1968) di Leo e Perla. Un’occasione preziosa per vedere un film di straordinario 
interesse, ma anche per riflettere sulle scelte dei due teatranti in merito alla volontà di non preservazione 
dei loro atti artistici.

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Gli intellettuali senza classe secondo Furedi

È uscito un nuovo libro di Frank Furedi per i tipi di Cortina, Che fine hanno fatto gli intellettuali? I filistei del XXI secolo. Di Armando Petrini

Furedi è molto efficace in questo libro nello stigmatizzare il “filisteismo” degli intellettuali, sempre 
più impegnati a promuovere un’indistinta “partecipazione” alle manifestazioni culturali 
piuttosto che a stimolare il formarsi di un autentico pensiero critico.

Meno efficace ci pare invece Furedi nel mettere a fuoco le cause di questo dilagante filisteismo. 
Che non risiedono tanto in una sconfitta dell’intelligenza (come argomenta Furedi), ma soprattutto 
nel venire meno della sfida culturale come motore nevralgico del conflitto: conflitto delle idee, innanzi tutto, 
ma anche conflitto sociale.

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Lo spettacolo della cultura. In margine alla Fiera del Libro di Torino

Precorritrice a suo modo della logica del “grande evento”, la Fiera del Libro propone una concezione della cultura ridotta a “spettacolo” Di Armando Petrini

Si è conclusa il 14 maggio scorso la Fiera del Libro di Torino. Un “grande evento” che ha visto riprodursi una concezione spettacolaredella cultura, nascosta sotto la retorica insistita dell’”invito alla lettura” (peraltro in contraddizione con i dati 
che riferiscono di un calo drastico della diffusione del libro fra i più giovani). 

La categoria novecentesca di industria culturale consente di indagare più in profondità il significato e anche le contraddizioni presenti in una manifestazione come la Fiera del Libro.

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