A partire da un’elaborazione critica di Carlo Cecchi sul Carmelo Bene degli anni sessanta, l’articolo propone una riflessione metodologica esemplificata sull’opera di CB. Di Gigi Livio
L’operare di un artista, soprattutto se si tratta di un operare che si estende nel tempo, conosce varie fasi cui è corretto attribuire il valore che hanno (e che meritano). Il pensiero postmoderno, decretando la “fine della storia”, ha privato, oltre al resto, la critica delle opere dell’arte di questo spessore. L’articolo intende riprendere, e riprendendo proporre in modo diverso, ipotesi esegetiche che, per altro, non sono spesso rintracciabili nella critica; e, tanto meno, in quella che si occupa, a vario titolo, di teatro. |

