Scritti molesti sullo spettacolo e la cultura nel tempo dell’emergenza
Furor di popolo
«Ho fatto un lavoro e non uno spettacolo / Poiché il teatro non intrattiene casomai pertiene e trattiene, / non è strumento d’evasione, casomai imprigiona» (dal programma di sala di Furor di Popolo). Di Donatella Orecchia Ospite quest’estate al festival di Castiglioncello, Claudio Morganti ha proposto il suo ultimo spettacolo Furor di popolo, un breve e folgorante esempio di teatro ‘politico’ dove, a una farsa grottesca (da Strindberg) segue un’intensa, asciutta e sentita lettura di brani di scritti politici di Pinter, di Gustavo Modena e di Büchner. Si tratta di un lavoro di grande interesse soprattutto nel suo porre l’accento su una questione nodale oggi, dopo gli anni del disimpegno postmoderno: l’urgenza di recuperare la dimensione dell’impegno politico e dell’intervento attivo sulla contemporaneità da parte dell’artista. Senza con ciò negare la specificità del lavoro sulla forma e sul linguaggio.