Presentiamo qui qualche riflessione sull’uso del bianco e nero nel film L’arbitro di Paolo Zucca, con riferimenti a La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli e un accenno al cinema di Ciprì e Maresco.Di Enrico A. Pili



Archivio dell’“Asino di B.” 1997/2008 e dell’“Asino vola” 2008/2015
Scritti molesti sullo spettacolo e la cultura nel tempo dell’emergenza
Presentiamo qui qualche riflessione sull’uso del bianco e nero nel film L’arbitro di Paolo Zucca, con riferimenti a La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli e un accenno al cinema di Ciprì e Maresco.Di Enrico A. Pili
Dire “conformismo imperante” non vuole assolutamente affermare che il conformismo prima non ci fosse. Semplicemente qui si vuole mettere in luce il fatto che il conformismo non è mai stato totalitario come nell’epoca in cui stiamo vivendo. A questo risultato concorrono più elementi contemporaneamente che cercheremo di illustrare senza dimenticare che per interpretare una realtà complessa è necessario esercitare un pensiero altrettanto complesso; e il fatto che l’attuale società rifiuti un pensiero complesso si inscrive già nell’alveo del conformismo imperante.
Inizio con un’osservazione che a me pare ovvia ma che forse ovvia non è: qualche anno fa il conformismo, ormai diffusissimo, non era ‘imperante’: si aprivano spiragli, strettissimi invero, alla speranza in un possibile cambiamento. Oggi tutti gli spiragli si sono chiusi a uno a uno e dolorosamente e, come succede all’amico di Hamm in Finale di partita, non si vedono che ceneri. È pur vero che, poi, Hamm e Clov “tirano avanti”; ma senza speranza alcuna. Anche noi ‘tiriamo avanti’ ma con una sola prospettiva e cioè quella di pensare, non “vedere”, che sotto quelle ceneri covi ancora qualche favilla di brace. Gigi Livio